Quando si tratta di commercio online la modalità di pagamento più sicura per l’acquirente è sicuramente il contrassegno. Purtroppo, però, la scelta spetta al venditore e dal suo punto di vista il pagamento più sicuro è quello con carta di credito.
Tuttavia non è certamente tale circostanza a dissuadere gli utenti dal fare shopping sul web, lo dimostra il fatto che le vendite sono in continua crescita.
In un mondo virtuale in cui compratore e venditore non si conoscono e non possono contrattare “guardandosi in faccia” il rischio di rimetterci è “fisiologico”, tuttavia può essere ridotto grazie a un buon grado di attenzione e consapevolezza da una parte e di affidabilità e serietà dall’altra, e anche grazie a nuovi metodi di micropagamento che sono decisamente più sicuri.
Archivi categoria: Tecnologia e media
Navigazione articolo
Shopping online: la prudenza non è mai troppa
Nell’era di internet è possibile acquistare prodotti di ogni genere a un prezzo relativamente basso, restando comodamente a casa. Non ci riferiamo agli ormai “vecchi” cataloghi o televendite, bensì al fenomeno sempre più diffuso dell’e-commerce.
Sono sempre di più i consumatori che scelgono di fare acquisti via web: possono comprare i prodotti più disparati e introvabili, anche provenienti da paesi molto lontani, risparmiando tempo e spesso anche denaro, potendo fare un rapido confronto dei prezzi e quindi scegliere l’offerta più conveniente.
Insomma, si tratta di un mercato mondiale, però virtuale, quindi con i suoi pro e i suoi contro. In particolare la mancanza di contatto diretto tra acquirente e venditore non permette la reciproca verifica di affidabilità. E chi rischia di più è il consumatore che non sa con chi ha a che fare, se il prodotto gli verrà consegnato e se sarà quello da lui scelto, non sa se i suoi dati saranno utilizzati correttamente nel pieno rispetto della normativa sulla privacy, ma soprattutto non sa fino a che punto è sicuro il pagamento con carta di credito.
Non è il caso di demonizzare i siti di e-commerce ma bisogna essere prudenti e non avere fretta di concludere affari soltanto in apparenza vantaggiosi.
Ricordiamoci quindi che per fare acquisti online è consigliabile: Continua a leggere
Riservatezza: diritto e dovere del blogger
Nell’era di internet il blog è uno dei principali strumenti per esercitare la libertà di espressione sancita a livello costituzionale.
Inutile dirlo, si tratta di un diario online su cui il blogger pubblica pensieri, opinioni, riflessioni, considerazioni, ma anche foto, video e altri strumenti multimediali.
Ma quando si parla di blog la libertà di espressione e di opinione non è l’unico diritto costituzionale che viene in gioco. Infatti chiunque gestisca un blog deve fare i conti con il diritto alla riservatezza propria e altrui.
Molti blogger infatti scelgono di rimanere nell’anonimato e utilizzano nomi di fantasia o comunque nick-name senza rivelare la propria identità. Lo fanno per diversi motivi, soprattutto per evitare spiacevoli conseguente e reazioni anche violente di chiunque possa sentirsi offeso o comunque non condivida le loro opinioni. Se si rimane nel legale, in un mondo ideale questo timore non dovrebbe esistere. Ma bisogna essere realisti e riconoscere che questo timore non è del tutto infondato.
Allo stesso tempo, però, chi scrive su siti internet pubblici, come appunto la maggior parte dei blog, cui può accedere chiunque, deve rispettare la privacy altrui ed evitare di pubblicare i fatti privati degli altri, magari facendo nome e cognome.
Ma in assenza di una legge in materia, come ci dobbiamo comportare? Quali sono i limiti da rispettare?
Telemarketing e vendite porta a porta: possiamo ripensarci!
Per i contratti stipulati telefonicamente, così come per tutti i contratti a distanza, per quelli conclusi in casa del cliente e per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, vige una particolare disciplina in materia di diritto di recesso, prevista dagli artt. 64 e segg. del codice del consumo.
In questi casi, infatti, noi consumatori corriamo il rischio di essere “allettati” da particolari offerte o promozioni e di fare scelte affrettate senza renderci conto dell’effettiva convenienza e utilità dei prodotti/servizi che acquistiamo. È per questo che il legislatore ha considerato l’eventualità di avere un ripensamento ed ha previsto la possibilità di recedere da questo tipo di contratti senza alcuna penalità e senza doverne specificare le motivazioni. Continua a leggere
facebook e youtube a rischio censura?
Il 5 febbraio di quest’anno il Senato ha approvato un emendamento al c.d. “Pacchetto Sicurezza” proposto dal Senatore U.d.c. Gianpiero D’Alia (v. foto). Tale norma, nota anche come “emendamento ammazzaFacebook”, se approvata anche dalla Camera, obbligherà i provider, cioè le compagnie telefoniche che forniscono l’accesso ad internet, a oscurare, su richiesta del Ministero degli Interni, un intero sito, blog o social network, come YouTube e Facebook, qualora sia impossibile reperire il singolo responsabile della pubblicazione di pagine, gruppi o filmati a contenuto illegale.
La “ratio” dell’emendamento è quella di punire i creatori di alcuni gruppi antisemiti o inneggianti a personaggi mafiosi, come Totò Riina. Tuttavia, la procedura prevista è stata subito percepita da tutto il popolo di internet, come una vera e propria censura. Si tratterebbe di mettere internet sotto il controllo del potere esecutivo. In tal caso, il rischio di incostituzionalità della norma sarebbe molto forte, perché verrebbe percepita come una vera e propria restrizione illegittima alla libertà d’opinione. Bisogna ricordare che il codice penale già prevede i reati d’opinione, come l’apologia e l’istigazione a delinquere. Quindi esiste già un sistema di controlli successivi con la possibilità di condannare penalmente i responsabili di tali crimini, ma con tutte le garanzie che il processo comporta.
Il blogger non è un giornalista!
Giù le mani dai blog
La notizia di recenti sentenze “punitive” verso i blogger ha giustamente messo in allarme i tanti appassionati che stanno costellando la rete di ogni genere di blog.
Il primo campanello d’allarme è suonato nel 2006 quando il Tribunale di Aosta ha condannato un blogger ritenendolo colpevole del reato di diffamazione a mezzo stampa. Più di recente, il Tribunale di Modica ha condannato un altro blogger per non aver fatto registrare il suo sito in Tribunale.
Il denominatore comune delle due sentenze è di aver equiparato il blog ad un giornale e di conseguenza averlo assoggettato alle medesime norme dettate in materia di stampa, compreso l’obbligo di registrare la pubblicazione in Tribunale e l’applicazione di una pena più grave per il caso di diffamazione. Da notare che il blogger, equiparato al direttore di un giornale, dovrebbe perciò rispondere anche delle frasi diffamatorie inserite nei commenti pubblicati sul blog.
Cosa dobbiamo fare allora? Chiudiamo tutti i blog oppure corriamo a registrarli in Tribunale e da quel momento censuriamo pesantemente ogni commento un po’ più azzardato e sagace?
Fortunatamente non è così.