Riservatezza: diritto e dovere del blogger

Nell’era di internet il blog è uno dei principali strumenti per esercitare la libertà di espressione sancita a livello costituzionale.
Inutile dirlo, si tratta di un diario online su cui il blogger pubblica pensieri, opinioni, riflessioni, considerazioni, ma anche foto, video e altri strumenti multimediali.
Ma quando si parla di blog la libertà di espressione e di opinione non è l’unico diritto costituzionale che viene in gioco. Infatti chiunque gestisca un blog deve fare i conti con il diritto alla riservatezza propria e altrui.
Molti blogger infatti scelgono di rimanere nell’anonimato e utilizzano nomi di fantasia o comunque nick-name senza rivelare la propria identità. Lo fanno per diversi motivi, soprattutto per evitare spiacevoli conseguente e reazioni anche violente di chiunque possa sentirsi offeso o comunque non condivida le loro opinioni. Se si rimane nel legale, in un mondo ideale questo timore non dovrebbe esistere. Ma bisogna essere realisti e riconoscere che questo timore non è del tutto infondato.
Allo stesso tempo, però, chi scrive su siti internet pubblici, come appunto la maggior parte dei blog, cui può accedere chiunque, deve rispettare la privacy altrui ed evitare di pubblicare i fatti privati degli altri, magari facendo nome e cognome.
Ma in assenza di una legge in materia, come ci dobbiamo comportare? Quali sono i limiti da rispettare?

Verrebbe da dire: in medio stat virtus. Eppure non è così semplice.
Un caso di difficile soluzione è capitato in Gran Bretagna dove l’Alta Corte di Londra ha fatto prevalere il diritto di cronaca sul diritto alla riservatezza. Il caso è questo: un detective inglese gestiva con lo pseudonimo “NightJack” un blog politico molto frequentato nel quale raccontava particolari e indiscrezioni delle indagini di polizia, trattando anche casi di reati particolarmente gravi, criticando l’operato di alcuni colleghi ed esprimendo le proprie opinioni politiche. Insomma raccontava una verità “scomoda” che non si sarebbe mai potuta leggere sui quotidiani: questo è il motivo del grande successo che gli ha fatto vincere il premio Orwell per la scrittura politica. Ma a quel punto la curiosità si era spostata dai casi che NightJack raccontava, alla sua persona: un giornalista del Times aveva scoperto la sua identità. A nulla è servito il tentativo di diffida, la Corte di Londra ha scelto di proteggere il diritto di cronaca e non l’anonimato e così il nome di Richard Horton è uscito fuori. Oggi lui e la sua famiglia vivono con il timore di ripicche e devono adottare rigide misure di sicurezza: ecco perché l’anonimato era così importante per lui…
Questa storica sentenza inglese ha ovviamente scatenato un ampio dibattito: c’è chi sostiene l’anonimato come unico modo per poter fare un’informazione davvero libera; c’è chi lo critica perché potrebbe nascondere scopi disonesti o comunque in quanto sintomo di poca attendibilità; c’è poi chi parla di “anonimato protetto e responsabile” e ritiene che l’identità del blogger potrebbe essere svelata soltanto su ordine di un giudice nell’ambito di indagini giudiziarie.

In Italia ancora non esistono precedenti del genere, ma sono diversi i progetti di legge all’esame del Parlamento che intenderebbero regolare questa complessa materia, anche imponendo a chiunque operi su internet a rendere noti tutti i propri dati. Voi cosa ne pensate?

2 risposte a “Riservatezza: diritto e dovere del blogger

  1. La vostra regola di pubblicare con nick-name e chiedere le email senza pubblicarla è valida. Il blogger se vuole può rendersi riconoscibile pubblicando senza utilizzare il nick-name. D’altronde è più importante il concetto espresso che non il vero nome. L’importante è non offedere le persone o dichiarare il falso.

  2. Purtroppo la realtà è ben diversa. Per esperienza posso dirvi che dopo una forte critica circostanziata ed attinente alla realtà verso un noto mobilificio, proprio perchè non avevo niente da nascondere sono stato individuato e contattato.
    Vi sono state velate minacce e forti “pressioni” di chiudere il thread (su google appariva in prima pagina). Ditte di quel genere hanno studi di avvocati che “sguinzagliati” anche se con il 100% di torto possono far perdere un sacco di tempo e soldi al consumatore comune. Per non parlare della preoccupazione continua per una causa in corso. Quindi ho preferito cancellare tutto. Ovvio che la prossima volta mi renderò irriconoscibile ed irrintracciabile ma rimane il fatto che il diritto di critica è fortemente limitato da certi comportamenti ricattatori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *