L’Italia non è un paese per giovani

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L’Italia non è un paese per giovani“, lo sentiamo dire così tante volte che non ci soffermiamo neanche più a riflettere sul significato di questa affermazione.

Sono di questi giorni i dati del Censis (l’organo che, ogni anno, si occupa di raccogliere e fornire un’indagine approfondita della situazione della popolazione giovanile in Italia) e quest’analisi dovrebbe preoccuparci più di tutti i referendum e dei presidenti con ciuffi importanti appena eletti.

Come si prospetta il domani per i giovani di oggi?

La fotografia che rimane impressa è agghiacciante; di fatto, questa è la generazione che vivrà senza aspettativa di ascesa sociale, cosa a cui potevano aspirare i nostri nonni e i nostri genitori. E non è apocalittico paventare un futuro dove la generazione ancora successiva non sarà neanche in grado di comprendere quello che gli è stato portato via perché non l’avranno mai conosciuto.

Continuiamo a fare giornate sulla famiglia e i Fertility Day ma non ci preoccupiamo minimamente del futuro di questi bambini che verranno al mondo. Il punto è che i giovani italiani sono più poveri dei loro nonni e si barcamenano in una quantità di lavoretti precari senza nessuna prospettiva di miglioramento; addirittura il 61,4% è convinto che il proprio reddito non aumenterà nei prossimi anni, il 57% ritiene che i figli e i nipoti non vivranno meglio di loro.

Per essere chiari: chi non guadagna o guadagna pochissimo non compra, non investe e non risparmia. E l’economia non gira, anzi crolla. Funziona così dalla notte dei tempi. Si è stimato, inoltre, un aumento dei “flussi cash”, perché l’immobilità di una situazione di cui non si vede la luce in fondo al tunnel, genera insicurezza e tutti preferiamo avere qualche soldino sotto il materasso (su cui non si pagano commissioni per un prelievo), in caso di necessità.

I nostri giovani se ne vanno; portano la loro intelligenza, la loro curiosità e la loro arte altrove, dove verranno valorizzate.

E le istituzioni?

Sentiamo la vecchia guardia delle nostre mamme chiedere a gran voce il loro intervento per migliorare il presente ed il futuro dei loro figli, perché così è stato per loro. Le istituzioni intervenivano per creare lavoro, per agevolare gli inserimenti e sostenere le aziende che assumevano.

Ad ogni cambio della guardia politica, le nostre madri ci sperano sempre ma nessuno sembra in grado di concepire e di mettere in pratica misure, almeno in parte, risolutive. Sembrano tutti concentrati su altro.

Ma com’è possibile? Come può esserci altro se il nostro presente va allo sbando, se non costruiamo niente per il futuro?

Le vecchie generazioni se ne andranno portandosi via quel briciolo di scudo di sicurezza che potevano assicurare. E i nostri figli? E i nostri nipoti? E poi? Nessuna risposta.

Viene da chiedersi: per chi dovremmo salvarla questa Italia?
Un paese che non investe sul futuro è, di fatto, fermo. E un paese fermo non è in ripresa.

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