DDL Concorrenza: tornano le penali nei contratti telefonici?

renzi

Sembrava, dalla bozza conosciuta, che il Governo avrebbe messo la parola fine alla vergognosa questione dei costi di disattivazione nei contratti telefonici ed invece il testo di decreto varato dal Governo (ma ancora suscettibile di modifiche) dice esattamente il contrario, e lo fa con un articolo (il 16) il cui titolo sembrerebbe perseguire finalità esattamente opposte: “Eliminazione di vincoli per il cambio di fornitore di servizi di telefonia, di comunicazioni elettroniche e di media audiovisivi”.

Varie associazioni di consumatori hanno rimproverato al Governo che queste modifiche reintroducono di fatto le penali e definitivamente giustificano gli assurdi “costi di disattivazione”. Il Ministero dello Sviluppo Economico, da parte sua, si è difeso affermando che la norma non legittima nulla, ma regola aspetti oggi non regolati.

Chi ha ragione?

Partiamo col dire che effettivamente il titolo dell’articolo non ha davvero nulla a che spartire col suo testo.

I vincoli vengono infatti tutt’altro che “eliminati”. I vincoli, diciamolo chiaramente, sono lasciati intatti e solo regolamentati. Vediamo come e facciamo una proposta di buon senso per non trasformare la legge sulla concorrenza nella legge a tutela degli oligopoli telefonici.

 

COSTI DI DISATTIVAZIONE

Oggi le compagnie telefoniche li addebitano, e in misura pesante (diverse decine di euro), infischiandosene del fatto che la legge Bersani imporrebbe loro di giustificarli.

Abbiamo inviato centinaia di reclami e non abbiamo ricevuto una giustificazione che fosse una.

Un fatto a dir poco vergognoso.

Perciò abbiamo chiesto, con una raccolta pubblica di firme che ha avuto un enorme successo (aderite ancora in molti per smuovere il Governo!!!!), che il Governo le abolisse, proprio con la Legge sulla concorrenza.

Il Governo, che sembrava indirizzato su questa strada, ha invece virato all’ultimo, prevedendo che “le spese e ogni altro onere comunque denominato relativi al recesso o al trasferimento dell’utenza ad altro operatore sono commisurati al valore del contratto e comunque resi noti al consumatore al momento della sottoscrizione del contratto, nonché comunicati, in via generale, all’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, esplicitando analiticamente la composizione di ciascuna voce e la rispettiva giustificazione economica”.

Questo testo è semplicemente ASSURDO.

Come fa un costo (perché tale deve essere) ad essere commisurato al valore del contratto? Cioè, se una compagnia spende (ma spende davvero?) qualcosa per chiudere un’utenza, come potrenbbe variare questa spesa in base al valore del contratto? Se un contratto prevede più telefonate e internet di un altro, la sua disattivazione costa di più? Ma perché?

Inoltre a che serve che le compagnie telefoniche comunichino all’Autorità l’importo dei costi di disattivazione se l’Autorità non può, secondo la legge, far altro che ricevere questa comunicazione?

Insomma, per noi il testo dell’articolo è inutile e senza capo né coda.

Proponiamo quindi, se proprio il Governo non vuole cancellare i costi di disattivazione (unica soluzione che riteniamo equa per garantire effettiva concorrenza tra operatori senza barriere al passaggio dall’uno all’altro) che:

  1. i costi di disattivazione siano stabiliti, in misura uguale per tutti, dall’Autorità, tenuto conto di effettivi costi e solo se sussistenti ed accertati dalla stessa Autorità;
  2. sia lasciata libertà agli operatori di non addebitarli e sia imposto, qualunque scelta facciano, di evidenziarla in maniera chiara nelle offerte telefoniche, tra gli elementi essenziali da comunicare all’utente;
  3. sia vietato di addebitarli in caso di cambio operatore, perché in tali casi il consumatore si trova ingiustamente obbligato a pagare due volte la stessa attività, ossia la disattivazione all’operatore uscente e l’attivazione all’operatore entrante;
  4. sia vietato il loro addebito per contratti che hanno avuto una durata superiore a 24 mesi, perché la compagnia telefonica ha già avuto tutto il tempo per guadagnare sul cliente e rifarsi di eventuali costi di chiusura.

PENALI PER IL RECESSO
Molti hanno criticato questa parte della norma, denunciando la reintroduzione nel nostro ordinamento delle (abolite) penali per il recesso. Non è vero!

Le penali ci sono eccome e sono anche legittime e giustificate, nei casi in cui un operatore fa un’offerta ad un cliente entrante (ad esempio offrendo mesi gratis o telefoni o tablet in omaggio), sottoponendolo però a vincoli temporali di durata del contratto.

Al testo proposto dal Governo va il nostro plauso, in questo caso. Perché finalmente disciplina, in maniera equa, l’applicazione di queste penali.

Questo il testo, al quale non possiamo che essere favorevoli.

l contratto stipulato con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica ove comprensivi di offerte promozionali non può avere durata superiore a ventiquattro mesi. Nel caso di risoluzione anticipata si applicano i medesimi obblighi informativi e i medesimi limiti agli oneri per il consumatore di cui al comma 3, ultimo periodo e, comunque, l’eventuale penale deve essere equa e proporzionata al valore del contratto e alla durata residua della promozione offerta. È fatto obbligo ai soggetti gestori dei servizi di telefonia e di comunicazioni elettroniche, ai fini dell’eventuale addebito al cliente del costo di servizi in abbonamento offerti da terzi, di acquisire la prova del previo consenso espresso del medesimo.

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