I rischi del “pezzotto”: arrivano le multe automatiche

Negli ultimi anni, la fruizione illegale di contenuti televisivi – specialmente di eventi sportivi, film e serie tv in streaming – ha preso piede con modalità sempre più sofisticate. Una di queste pratiche è il cosiddetto “pezzotto“, termine che identifica l’utilizzo di dispositivi o applicazioni che consentono di accedere illegalmente a canali pay-per-view o abbonamenti IPTV a costi notevolmente inferiori – se non nulli – rispetto ai normali abbonamenti legali.
Tuttavia, in Italia è stato da pochi mesi introdotto un sistema di multe automatiche, capace di colpire con capillarità tutti gli utenti soliti aderire a questa pratica illecita.
In quest’articolo non vogliamo solo spiegare il meccanismo delle multe automatiche, ma soprattutto informare i consumatori sui rischi a cui vanno incontro al fine di disincentivare questa pericolosa e illegale pratica.

Prima di addentrarci nei dettagli della questione, è importante capire cosa sia l’IPTV citato poco prima. Con l’acronimo IPTV (Internet Protocol Television), si fa riferimento a una tecnologia che consente di trasmettere contenuti televisivi via Internet, utilizzando il protocollo IP.
Se lecito, è grazie alla tecnologia l’IPTV se una persona abbonata a una qualunque piattaforma può accedere a una vasta gamma di contenuti attraverso canali legittimi e autorizzati. Gli utenti possono accedere a film, serie TV, partite di calcio e molto altro, pagando una tariffa regolare ai fornitori di servizi come Sky, DAZN o Netflix. Questa tecnologia permette di guardare i contenuti su diversi dispositivi, come TV, computer o telefoni cellulari, sfruttando una connessione internet stabile. Tuttavia, il problema sorge quando l’IPTV viene utilizzata in modo illecito, come nel caso del “pezzotto”, permettendo di accedere a contenuti senza rispettare le norme sui diritti d’autore.
Il termine “pezzotto” deriva dal gergo popolare, e indica la pratica di usare IPTV illegali per accedere a contenuti video, tra cui partite di calcio, film e serie tv, senza pagare i normali canoni di abbonamento ai servizi legali. In sintesi, attraverso un dispositivo specifico, spesso un box TV collegato a internet, o tramite applicazioni scaricabili da store non ufficiali, gli utenti possono visualizzare contenuti che altrimenti sarebbero disponibili solo tramite abbonamenti a pagamento, come quelli delle piattaforme precedentemente citate.
Il funzionamento è semplice: l’utente si collega a una rete illegale, spesso gestita da organizzazioni che rubano i segnali televisivi, e attraverso questi mezzi può accedere all’intero pacchetto di contenuti senza costi rilevanti. Tuttavia, questa pratica, oltre a essere illegale, espone chi la utilizza a una serie di rischi, sia legali che di sicurezza informatica: infatti, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), insieme alla Guardia di Finanza e alla Procura della Repubblica di Roma, ha avviato una campagna di controllo senza precedenti per contrastare la pirateria digitale. Il progetto, denominato Piracy Shield (letteralmente “scudo anti-pirateria”), ha come obiettivo non solo il blocco dei siti che offrono contenuti illegali, ma anche la punizione diretta degli utenti finali che ne usufruiscono.
Secondo il protocollo recentemente siglato, le forze dell’ordine avranno accesso ai dati degli utenti che utilizzano il pezzotto, come l’indirizzo IP, nome e cognome, rendendo possibile l’identificazione dei trasgressori. Le sanzioni previste sono severe: per chi viene colto a usare un abbonamento illegale, si parla di multe che vanno da 150 fino a 5.000 euro.
Il sistema di monitoraggio messo in campo dalle autorità è estremamente avanzato. Secondo quanto riportato, le multe verranno inviate automaticamente agli utenti, basandosi sui dati raccolti dai provider di servizi internet e dai flussi di informazioni che derivano dai dispositivi utilizzati per lo streaming illegale. Gli utenti che utilizzano il pezzotto non potranno quindi più farla franca, poiché ogni loro attività illegale lascia una traccia digitale che le autorità possono facilmente seguire.
Inoltre, il sistema Piracy Shield non si limita a sanzionare gli utenti, ma mira anche alla disabilitazione delle piattaforme pirata. Le segnalazioni dei detentori dei diritti televisivi permettono all’AGCOM di richiedere la chiusura immediata dei siti pirata entro 30 minuti dalla segnalazione. Questo crea un ambiente in cui l’accesso ai contenuti pirata diventa sempre più difficile, riducendo fortunatamente le opportunità per chi vuole fruire illegalmente di eventi sportivi o altri prodotti audiovisivi.
Chi utilizza il pezzotto non solo rischia una multa salata, ma si espone anche a una serie di rischi legati alla sicurezza informatica. Spesso, i dati personali e i dettagli di pagamento di chi acquista abbonamenti pirata finiscono nelle mani di organizzazioni criminali che gestiscono queste reti illegali. Come ha sottolineato Massimiliano Capitanio, Commissario dell’AGCOM, gli utenti che usano questi servizi “danno i loro dati in pasto a organizzazioni che potrebbero rivenderli o utilizzarli per fini illeciti”.
Il problema è ancora più grave se si considera il vasto numero di utenti coinvolti: si stima che siano circa 3,5 milioni gli italiani che fanno uso di IPTV illegali, con un giro d’affari per la pirateria digitale di oltre 300 milioni di euro all’anno. È evidente come questa pratica non solo metta in pericolo chi la utilizza, ma causi danni enormi all’industria dell’intrattenimento e dello sport, privando le aziende di diritti economici e ricavi fondamentali per il loro sostentamento.
La pirateria non è solo una questione legale. Chi guarda una partita o un film tramite il pezzotto contribuisce a un sistema illegale che penalizza non solo i grandi gruppi televisivi, ma anche l’intero ecosistema che ruota intorno allo sport e all’intrattenimento. Ogni partita o evento e ogni film o serie tv fruibile illegalmente rappresenta una ingente perdita economica per le società sportive, i giocatori, i tecnici, i giornalisti, gli sceneggiatori, gli attori e tutti gli altri lavoratori dei rispettivi settori.