Crisi economica. Cosa e’ successo e dove siamo

Crisi economica: il panorama culturale economico – sociale si sta interrogando e cerca di capire.
Quello che si può notare e’ che questa società dei consumi – negli ultimi venticinque anni – mettendo a disposizione di tutti gli stessi beni, si è sempre piu’ trasformata  da “ società  dei bisogni “ in  “società dei desideri “.

La società dei consumi, quindi, ha bisogno di distruggere risorse per poter sopravvivere, e questo meccanismo che, inizialmente, sembrava avere effetti positivi  presenta oggi  contraddizioni e problemi di natura diversa  ( ambientali, psicologici, ecc..).
La crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo conferma dunque,  che il modello economico  di riferimento  e’ un modello che mostra nel lungo periodo gravi squilibri  economici, finanziari e sociali.

Infatti, lo sviluppo  del mercato capitalistico democratico del secondo dopoguerra con una accelerazione dopo al caduta del muro di Berlino ,  a seguito del venir meno della guerra fredda, è potuto crescere  stimolando i desideri e , quindi,  trasformandoli in bisogni. I bisogni in seguito hanno vitalizzato, con una dinamica costante e crescente, la domanda. Affinchè il desiderio diventi bisogno ed il bisogno si trasformi in  domanda, e’ necessaria la capacità di poter possedere gli oggetti desiderati; possesso  facilitato mediante l’accesso al credito finalizzato all’acquisto dei beni e dei servizi ambiti. In altre parole, la libertà ha esaltato la mobilità sociale e quindi l’individualismo. L’egoismo individuale, nell’attuale società, ha condizionato i comportamenti  convalidando  il desiderio di benessere in diritto. La corsa al benessere  e’ stata sostenuta dalla espansione  del sistema finanziario, resosi autonomo e autoreferenziale, alimentato da personalismi ed avidita’. La crescita della disuguaglianza sociale si e’ acutizzata.

La risposta politica all’aumento della disuguaglianza e’ stata quella di espandere il credito alle famiglie , specialmente quelle a basso reddito.
Questa politica non ridistributrice del reddito e della ricchezza, – finalizzata anche al consenso sociale di un sistema non equitativo nella politica sociale –   ha alimentato una falsa percezione di uguaglianza nelle classi meno abbienti.
L’idea di un progresso permanente ed immanente, che ha sostenuto l‘uomo occidentale nella sua storia, si è organizzata in una sorta di evoluzionismo sociale basato su una legge di sviluppo, secondo la quale la conoscenza scientifica e la capacità di agire sulla natura determinano una crescita costante.
Questa concezione poggia sulla convinzione che il passato e il presente siano noti, come pure gli elementi che producono l’evoluzione, e che la causalità sia lineare. Per tutto questo, il futuro sarebbe prevedibile.
Ma, l’evoluzione non è soggetta a leggi né a condizionamenti deterministici. Non è né automatica, né lineare. Non esiste un fattore costante che la condiziona.

La realtà sociale è complessa e l’evoluzione viene influenzata da diversi fattori  quali: invenzioni tecniche, cultura, genetica, caso , ma anche emozioni, euforia e panico.
Le mutazioni, le crisi che coinvolgono l’economia, la cultura, il costume dimostrano l’inadeguatezza di ogni metodo di previsione per la comprensione delle trasformazioni strutturali in atto nella società. Questo, anche perché la previsione attiene al breve e medio termine, dato che ammette una notevole stabilità del contesto  esterno del sistema considerato. E quanto più l’ambiente del sistema si destabilizza e diviene aleatorio, più l’orizzonte prevedibile si accorcia.

A. Toynbee riteneva che siano la razza e l’ambiente le due chiavi di interpretazione per spiegare il problema delle diseguaglianze culturali fra le varie società umane, ma in una visione dinamica: la sfida dell’ambiente e la risposta di una razza ne determinano lo sviluppo o il declino. Le sfide e le risposte possono essere vittoriose ad infinitum. La decadenza deriva invece da una perdita di controllo, significa lo snaturamento della libertà nell’automatismo, nella disgregazione della società in egoismi particolari.

Quali sono, ora, in questo mondo nuovo le sfide da fronteggiare?
Da una prima analisi, certamente la diversa evoluzione demografica e l’invecchiamento delle popolazioni nelle varie aree del pianeta, la scarsità delle risorse naturali ed agricole, la bassa crescita economica, il distacco della finanza dall’economia reale.
Esiste una correlazione fra piramide demografica e crescita, come fra massa monetaria e crescita.
Il futuro si costruisce sulle nuove generazioni, sul loro entusiasmo, sulle loro idee. Se vi sono meno giovani vi  sono anche  minori entusiasmi e creatività. Se, inoltre, i giovani hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, quei pochi entusiasmi vengono perduti o dispersi nella frustrazione.
La globalizzazione, la diffusione della “rete”, e l’affermazione della politica economica e monetaria liberista hanno favorito un periodo effervescente di nuove invenzioni, di crescita economica, di benessere diffuso.
La politica monetaria espansiva e la deregulation finanziaria  hanno alimentato l’aumento della massa monetaria che continua ad espandersi naturalmente a causa degli interessi passivi dei titoli di debito che l’hanno generata e per l’invenzione di nuovi mezzi finanziari, quali i prodotti strutturati ed  i futures.
Si è ritenuto – poiché si supponeva di conoscere la correlazione fra causa ed effetto – di poter controllare gli eventi e, quindi, i rischi. Ma, più un sistema dinamico è aperto, più aumentano le variabili e le loro interconnessioni, e più è difficile controllare il rischio. E’ quello che è accaduto con la crisi prima della new economy, poi con quella globale del 2008.
La crisi del 2008, ha evidenziato i limiti di questa politica e fatto sorgere dubbi e interrogativi sulla possibilità di interventi futuri.

E ora, quale scenario potremmo prevedere  entro i prossimi due-tre anni? Verosimilmente potrebbe verificarsi una crisi del debito sovrano statunitense.
Come ricordava C. M. Cipolla, ogni crisi monetaria è sempre indotta dalla moneta dominante; analogamente la crescita economica degli Stati Uniti potrebbe non riuscire ad assorbire la sperequazione fra massa monetaria e ricchezza.
Sull’euro potrebbe abbattersi una speculazione proveniente da oltre Atlantico, con gravi ripercussioni sulla sua stabilità e “sopravvivenza” dell’Unione. Il dollaro, quindi, rimarrebbe nuovamente l’unica moneta di riferimento. I  dubbi sulla tenuta dell’Unione Europea sono evidenti poiché la crisi dell’Euro finira’ per minare ulteriormente l’unità politica dell’Europa.  Per ora, l’Unione Europea è solo un’“espressione monetaria” (Metternich definiva l’Italia una “pura espressione geografica”), con profonde divisioni ed una crescente diminuzione della capacità di governance regionale.

In conclusione, anche se i meccanismi interni del sistema economico mondiale venissero pienamente compresi e anche se i fattori esterni che ne influenzeranno lo sviluppo nel prossimo quarto di secolo fossero  sufficientemente conosciuti, non si potrebbe ridurre il futuro ad un’unica ipotesi.

La principale ragione sta nel fatto che alcuni dei fattori, dai quali il corso dei futuri sviluppi potrebbe dipendere, saranno controllati – o, anche, resi incontrollabili – dall’intervento nazionale o internazionale espressamente guidato da un calcolo politico più o meno razionale. Questa è una delle ragioni per le quali le analisi non possono pervenire ad un’unica proiezione del corso futuro dello sviluppo dell’economia mondiale, ma  solo ad una serie di possibili scenari alternativi, la cui validità decresce con l’aumento dell’arco temporale a cui si riferiscono.
Originalità  lucidità  e analisi di visione sono comunque necessarie  che si potrebbero riassumere con il detto di Seneca: Non c’è vento favorevole per chi non sa dove andare.

Dott. Gianluigi Longhi

Economista e Consigliere nazionale di Casa del Consumatore