Sollecito di pagamento Equitalia: come contestarlo

Dopo la raffica di preavvisi di fermo che ha rovinato le ferie d’agosto a molti contribuenti, in autunno Equitalia ha notificato (e sta ancora notificando in questi giorni) numerosissimi solleciti di pagamento, soprattutto relativi a cartelle “di modico valore”, cioè di valore inferiore ai mille euro.

Il sollecito di pagamento, di norma, è un atto successivo alla notifica delle cartelle esattoriali ed è previsto solo per debiti che non superano i 10.000 euro.

Il contribuente che, a suo tempo, non ha pagato la cartella ricevuta (e non l’ha neppure impugnata o contestata), prima che vengano avviate azioni esecutive nei suoi confronti, deve ricevere un sollecito di pagamento, che funge da promemoria del debito.

Per i debiti inferiori a mille euro, Equitalia, prima di poter avviare azioni esecutive, deve assegnare al contribuente un termine di almeno 120 giorni per provvedere al pagamento.

In tutti i casi, al sollecito deve essere allegato un “dettaglio degli addebiti”, dal quale si possa comprendere a quali tributi e a quali cartelle si fa riferimento.

Tale dettaglio è molto importante e deve essere ben analizzato. In particolare bisogna verificare se alcuni importi non sono dovuti perchè, ad esempio, sono già stati pagati, oppure si sono prescritti, oppure ancora sono stati illegittimamente addebitati (è il caso delle maggiorazioni applicate alle multe).

Allora un consiglio prima di pagare (o richiedere una rateazione): verificare se sussistono validi motivi di contestazione alle richieste di Equitalia e degli enti creditori.

Vi ricordiamo che sul sito DirittoSemplice è possibile chiedere una verifica gratuita delle cartelle e solleciti ricevuti per ottenere consigli ed eventualmente assistenza nella gestione delle richieste di annullamento e sgravio delle cartelle irregolari e delle somme illegittimamente addebitate o, comunque, non dovute.

Sappiate, inoltre, che il sollecito di pagamento notificato dall’Agente della riscossione, secondo la Corte di Cassazione, è classificabile al pari di un avviso bonario e, quindi, è impugnabile in via giudiziaria.

Questo significa che, a seconda dei tributi da contestare, è possibile proporre ricorso (negli stretti termini di legge) davanti al Giudice di Pace, alla Commissione Tributaria oppure al Giudice del Lavoro.

In alternativa alla via giudiziale c’è la cosiddetta autotutela, ovvero la possibilità di presentare in proprio (oppure con l’assistenza di un legale) direttamente ad Equitalia e/o all’ente che ha emesso il ruolo un’istanza di annullamento e sgravio di intere cartelle oppure di singoli importi non dovuti. E ciò senza dover andare davanti ad un Giudice.

Chi optasse per questa seconda strada, per sicurezza, dovrebbe inserire nella propria istanza anche una richiesta di sospensiva delle procedure di riscossione, almeno fino a che non verrà dato un riscontro positivo o negativo da parte dell’ente e/o dell’Agente stesso.

Qualora, poi, le contestazioni da sollevare fossero rivolte esclusivamente agli enti creditori (ad esempio emissione tardiva del ruolo, multa giù pagata, decadenza dal diritto di incassare le somme), è possibile ottenere una sospensione automatica dell’attività di riscossione, usufruendo di quanto previsto dalla legge di stabilità del 2013. Per farlo, è necessario inviare ad Equitalia (anche per via telematica) una dichiarazione motivata nella quale venga documentato che i crediti dell’ente non sono più esigibili.

Le motivazioni possono essere le seguenti:

  • pagamento già effettuato;

  • prescrizione o decadenza del diritto di credito;

  • provvedimento di sgravio emesso dall’ente;

  • sentenza di annullamento della pretesa dell’ente;

  • sospensione amministrativa concessa dall’ente.