Cambiare operatore telefonico è una condanna?

Ci bombardano al telefono, nei centri commerciali, per posta ed in ogni altro modo e alla fine ci convincono: dobbiamo cambiare operatore telefonico, perché così risparmieremo di sicuro.
Arrivati a casa, però, magari ci ripensiamo e pensiamo che forse era meglio non cambiare. Cosa possiamo fare per interrompere il meccanismo che abbiamo innescato?


Prima regola: da tutti i contratti conclusi da consumatori (non business) si può recedere, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro dieci giorni lavorativi dal giorno in cui si è stipulato il contratto o dall’arrivo della merce a casa (ad esempio se il telefonino che offre il contratto ci arriva a casa tramite corriere).
Successivamente, si può sempre recedere dal contratto o trasferire l’utenza presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore: in questo caso il recesso ha effetto trenta giorni dopo e quindi quei trenta giorni (ma solo quelli) vanno ancora pagati al vecchio operatore.
Il diritto di recesso si esercita con l’invio di una comunicazione scritta alla compagnia telefonica, (raccomandata con avviso di ricevimento).
Nonostante queste semplici regole, sono in tanti gli utenti che si rivolgono a noi perché una volta  comunicato il recesso, la compagnia telefonica continua a mandare fatture e addirittura solleciti di pagamento da parte di società di recupero crediti.
Ciò è accaduto, ad esempio, nel caso di un cliente, al quale sono stati chiesti addirittura più di 2.000 euro a seguito del recesso (comunicato appena sette giorni dopo la firma del contratto)  o di un altro che, inviato il recesso nel mese di luglio 2008 e pagata la bolletta di agosto-settembre’08 come dovuto, continua a ricevere le bollette.
Forse si tratta di disguidi, ma capitano un po’ troppo spesso.
Purtroppo anche a qualcuno di voi sarà capitato qualcosa di simile. Se è così, fatecelo sapere e difendetevi da richieste ingiustificate!!!