Incentivi al fotovoltaico: precisazioni

Mi permetto di rientrare sull’argomento sottolineando ed informando i lettori che l’articolo pubblicato lunedì non è contro il fotovoltaico, ma contro le rendite finanziarie derivanti. La  politica industriale di un paese deve essere orientata a politiche di lungo periodo cercando – con leggi ed eventuali incentivi – di stimolare sia il tessuto industriale e produttivo che sociale, in un contesto ambientale eco – compatibile.

Essere favorevoli al riordino delle tariffe incentivanti e alla loro regolamentazione, alla luce degli scenari mutevoli e dinamici del mercato globalizzato, non significa essere favorevoli ad una fonte energetica rispetto ad un’altra, significa solamente cercare di salvaguardare gli interessi del paese e dei consumatori italiani,  modulando opportunamente e stimolando le imprese operanti nel settore.

Per informazione, i maggiori produttori mondiali di cellule fotovoltaiche sono la Germania ed il Giappone (dati 2008) rispettivamente di 1510 MW (20,8%) e di 1228 MW (16,9%) contro i 28 MW italiani (0,4%).
Anche nella produzione di pannelli fotovoltaici, l’Italia risulta essere fanalino di coda, con il 3,8% contro il 31,7% della Germania (dati 2008) a livello mondiale.

I moduli fotovoltaici utilizzati in Italia provengono per il 25% dalla Germania, per il 21% dal Giappone, per il 19% dalla Cina, per il 20% da altri paesi e solo per il 15% sono di provenienza (assemblaggio di cellule) italiana. Tale dato è molto insoddisfacente. Oggi l’industria italiana nel suo complesso dovrebbe cogliere maggiormente le opportunità di questo settore, ma risulta molto più facile ed immediato acquistare il prodotto già fatto e montarlo anziché investire nella produzione e ricerca, e questo è sicuramente una debolezza profonda. Il ricarico del prodotto e’ in funzione del piano finanziario supportato dagli incentivi. Più è alto l’incentivo più è possibile ricaricare il prodotto vendendolo all’utente-consumatore finale.

Lo stesso fenomeno e’ già avvenuto  negli anni 2000-2010 nel settore immobiliare.
Gli operatori del settore furono supportati da mutui la cui duration era passata da 10-15 anni a 30 anni. Questa diversa e semplice modifica  determinò una rata  mensile sostenibile equivalente al costo dell’affitto. I prezzi degli immobili  conseguentemente  aumentarono fino al livello massimo della rata sostenibile; chi ne trasse il maggior vantaggio non furono i consumatori che acquistarono indebitandosi per i successivi trent’anni ma chi realizzò immediatamente il profitto della vendita.

La superiorità economica di un paese nel lungo periodo dipende soprattutto dalla sua capacità tecnologica. I brevetti registrati a livello mondiale nel settore erano nel 2007 per il 41% giapponesi, per il 19% statunitensi e per l’11% tedeschi. Il paese  tecnologicamente più progredito è destinato a prevalere indipendentemente dal suo grado di “civiltà”, intesa come leggi sociali ed etiche, che è qualcosa più difficile da valutare e da definire.  Il progresso tecnologico è figlio oltre che del sapere anche del capitale, del denaro. C’è un sottile filo conduttore fra il denaro, la cultura, il tempo  ed il sapere tecnologico. Il capitale investito nell’impresa, nel lavoro, nella sperimentazione produce sviluppo, il capitale sottratto all’impresa ed investito nella rendita sia fondiaria che finanziaria alimenta il benessere della generazione, ma inesorabilmente condanna al declino la generazione successiva.

Gli obbiettivi – sia di indipendenza energetica e quindi della sicurezza degli approvvigionamenti – che ambientali focalizzati nella riduzione delle emissioni di Co2 supportato dagli incentivi,  hanno vitalizzato il settore più nella filiera servizi che non in quello industriale di prodotto, ma nel lungo periodo è la tecnologia industriale che garantisce l’occupazione, non solo i servizi.
Si riscontra inoltre che a livello europeo si tende a regolamentare il contributo per incentivare maggiormente la realizzazione di impianti domestici e di impianti integrati industriali entrambi per autoconsumo .

Ecco il perché siamo favorevoli al riordino degli incentivi. Essi non devono essere a pioggia ma “mirati” ad una politica industriale nazionale, ed ad una politica energetica ambientale pulita nel rispetto della tutela dei consumatori.

Gianluigi Longhi