Biobanche: il cordone ombelicale è un bene prezioso

Il cordone ombelicale che lega la madre al bimbo fino alla nascita, viene spesso e per “tradizione” considerato un rifiuto da gettare via dopo il parto. In realtà, il sangue contenuto al suo interno è ricco di cellule staminali, cellule molto “preziose” in quanto dotate di un alto valore terapeutico.
Grazie alla loro capacità di autorigenerarsi e differenziarsi in altri tipi come cellule del sangue, del tessuto osseo, nervose, cerebrali, muscolari, le cellule staminali sono da tempo utilizzate per la cura di malattie gravi come leucemie, linfomi, mielomi, anemie, talassemie, neoplasie e disordini del sistema immunitario. La moderna ricerca scientifica sta poi esplorando nuovi percorsi terapeutici: sembra che in futuro queste cellule potranno essere utilizzate anche per la cura di altre gravi patologie, come tumore al seno, sclerosi multipla, Alzheimer e morbo di Parkinson, nonché per la rigenerazione dei tessuti, dalla pelle al tessuto osseo, fino a quello cardiaco e cerebrale.

Per questi motivi “la conservazione del sangue da cordone ombelicale rappresenta un interesse primario per il Servizio sanitario nazionale” (art. 1 Decreto Ministeriale del 18 novembre 2009).
La raccolta del sangue è indolore e viene eseguita esclusivamente da personale ostetrico specializzato. La tracciabilità delle sacche è garantita mediante un sistema di etichettatura con codici a barre. Le unità di sangue raccolte vengono poi sottoposte ad un processo di separazione cellulare e, infine, congelate per la conservazione.

Cosa prevede la legge italiana
Attualmente in Italia le forme di conservazione del sangue cordonale consentite sono quella allogenica (il sangue viene donato, cioè messo a disposizione di chiunque ne abbia bisogno e risulti compatibile) e quella dedicata (cioè per uso riservato) soltanto se il bimbo è malato al momento della nascita oppure se ha fratelli malati o, ancora, se in famiglia c’è il rischio di gravi patologie ereditarie per i figli futuri.
Le biobanche italiane sono soltanto pubbliche, è, invece, vietata l’istituzione di banche per la conservazione da cordone ombelicale presso strutture sanitarie private. La conservazione autologa tout court, cioè per sé, indipendentemente dall’anamnesi familiare, è considerata dalla legge italiana un atto di egoismo e pertanto vietata. Non sono, però, precluse l’esportazione e la conservazione all’estero presso banche private accreditate (la più famosa è Future Health che opera sotto il controllo del Dipartimento della Salute britannico).
  
Gli ostacoli alla donazione
Purtroppo, in Italia, le biobanche pubbliche dedicate alla conservazione del sangue cordonale sono solo 19. Gli ospedali attrezzati ed abilitati al prelievo sono poco più di 200. Inoltre, per chi partorisce nei week end, in giorni festivi, in orari notturni o, comunque, in altre circostanze di carenza di personale competente, la speranza di poter donare il cordone ombelicale è quasi nulla.
Per la donazione è, poi, necessario che la neomamma sia in buone condizioni di salute le quali vengono accertate attraverso una serie di colloqui, prelievi, controlli, che si aggiungono ai vari passaggi burocratici (compilazione di questionario anamnestico, sottoscrizione del consenso informato, ecc). Fortunatamente, tutto questo “percorso” è gratuito, poiché a carico del Servizio sanitario nazionale.
La donazione non può, comunque, essere effettuata nei seguenti casi: gestazione inferiore alle 34 settimane, rottura delle membrane superiore a 12 ore, stato febbrile della madre durante il parto, stress fetale, malformazioni congenite del feto.
Come si vede, la procedura non è semplice, gli ostacoli possono essere molti. Questo spiega perchè a fronte di centinaia di migliaia di nascite all’anno, si prelevano solo pochissime migliaia di campioni (circa l’1%), mentre più del triplo vengono esportante in banche private estere.
Ci auguriamo, quindi, che la percentuale di prelievi possa rapidamente aumentare, magari grazie ad una maggiore apertura del legislatore italiano che voglia dare ascolto alle tante famiglie che optano per la conservazione autologa e che oggi sono costrette a rivolgersi a banche estere, sostenendo un costo di circa due mila euro, o, comunque, voglia consentire una forma di conservazione “mista” autologa-solidale che permetterebbe di conservare il sangue cordonale a favore del proprio bimbo, ma, in caso di necessità, anche di poterlo donare al prossimo.