La Casa del Consumatore, altre 11 associazioni nazionali di consumatori e Unicredit hanno elaborato una serie di decaloghi con le domande e risposte più frequenti per favorire la comprensione e la scelta consapevole dei prodotti bancari. Dopo il decalogo del conto corrente , il decalogo del mutuo, il decalogo dei prestiti personali, il decalogo delle carte di credito, il decalogo delle carte di credito revolving e il decalogo della cessione del quinto dello stipendio/pensione e il decalogo delle rimesse di denaro, ci occupiamo oggi del decalogo della previdenza integrativa.
1. Cos’è la previdenza complementare?
La previdenza complementare è una forma di previdenza che si aggiunge a quella obbligatoria (c.d. pensione) ma non la sostituisce.
La previdenza complementare si caratterizza per i seguenti aspetti:
- è su base volontaria: si può scegliere liberamente se aderire o meno
- è a capitalizzazione individuale: i versamenti confluiscono in conti intestati ai singoli iscritti e, al momento del pensionamento o in epoca successiva, vengono restituiti in forma di prestazione pensionistica aggiuntiva, con i rendimenti maturati
- si basa sulla contribuzione definita: l’importo versato è definito e la prestazione finale dipende da quanto conferito e dal rendimento
- è gestita da soggetti ed enti di diritto privato.
Per individuare la forma pensionistica complementare più adatta alle proprie esigenze occorre valutare attentamente la propria situazione lavorativa, il patrimonio personale e la propria capacità reddituale.
2. Perché scegliere la previdenza complementare?
L’ammontare delle pensioni pubbliche è destinato a ridursi a causa di fattori quali ad esempio la crescente durata della vita, è quindi sempre più importante integrare la previdenza pubblica con forme di pensione complementare.
Questo vale in particolare per i lavoratori più giovani. Per loro, infatti, la pensione sarà interamente liquidata con il sistema contributivo, cioè calcolata sui contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa anziché sulle ultime retribuzioni, come avveniva in passato, e sarà quindi tendenzialmente di importo più basso rispetto a quelle attuali.
La pensione complementare si costruisce accantonando piccoli ”risparmi previdenziali”: rimandare l’adesione ad un sistema previdenziale significa contare su una rendita inferiore una volta terminata l’attività lavorativa, oppure dover sostenere esborsi via via maggiori (mano a mano che si ritarda la scelta) a parità di gap reddituale che si desidera colmare
3. Chi può aderire?
Tutti possono aderire alle forme pensionistiche complementari: i lavoratori dipendenti, quelli autonomi, i liberi professionisti ed anche i lavoratori occasionali e con contratti a progetto.
Si può aderire al sistema previdenziale complementare anche se non si svolge un’attività lavorativa.
4. Quanti tipi di previdenza complementare esistono?
Esistono 3 principali forme di previdenza complementare:
- i Fondi pensione negoziali: istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito di un dato settore o area geografica (es. Fondi sindacali, Fondi aziendali, ecc.)
- i Fondi pensione aperti: istituiti da soggetti quali banche, SGR (Società di Gestione del Risparmio) o SIM (Società di Intermediazione Mobiliare.
- i Piani individuali pensionistici (PIP): istituiti dalle imprese assicurative.Nei Fondi pensione negoziali, la gestione degli investimenti è affidata a operatori professionali (es. banche, SGR, SIM, imprese assicurative).
Nei Fondi pensione aperti e nei Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo, gli investi- menti sono gestiti direttamente dalla società stessa che ha istituito il Fondo o il PIP.
Tutti i Fondi/PIP devono obbligatoriamente essere iscritti ad un apposito Albo istituito presso l’autorità di vigilanza (COVIP). Prima di aderire ad una forma di previdenza complementare è quindi buona regola accertarsi che si tratti di un soggetto regolarmente iscritto.
5. Come si alimentano i fondi di previdenza complementare?
La principale forma di finanziamento della previdenza complementare è la contribuzione vo- lontaria. Per i lavoratori dipendenti a questa possono aggiungersi l’eventuale contributo del datore di lavoro e il trattamento di fine rapporto (TFR) che può costituire anche l’unica forma di finanziamento.
Il conferimento del TFR può avvenire in modo esplicito, per scelta del lavoratore dipendente, ovvero tacito qualora il lavoratore non effettui una scelta nei termini di legge.
Il TFR può essere conferito in un fondo pensione in qualunque momento, ma non si può fare il percorso inverso: ovvero una volta che si è deciso di conferire il TFR ad un fondo pensione questo non può, in nessun caso, tornare in gestione al datore di lavoro.
Qualora il lavoratore non effettui una scelta, il datore di lavoro trasferirà il TFR alla forma pensionistica collettiva di riferimento cioè a un fondo negoziale oppure a un fondo pensione aperto individuato in base ad accordi collettivi. In presenza di più forme pensionistiche collettive, salvo diverso accordo aziendale, il TFR verrà trasferito a quella cui abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. Qualora non sia possibile individuare il fondo di riferimento con le modalità descritte, il datore di lavoro trasferirà il TFR alla forma pensionistica complementare istituita presso l’INPS.
6. E’ possibile prelevare in anticipo le somme accantonate?
Ogni forma contributiva può avere regole specifiche ma in generale non è possibile riscattare la somma prima di 8 anni di permanenza nel Fondo. Tuttavia tipicamente è possibile richiedere un’anticipazione delle somme maturate (fino ad un massimo del 75%) anche prima che siano trascorsi 8 anni per il sostenimento di determinate spese mediche. Inoltre, trascorsi 8 anni di permanenza nel Fondo, generalmente è possibile richiedere anticipazioni del montante accumulato:
- fino ad un massimo del 30% senza giustificato motivo
- fino ad un massimo del 75% a fronte di precise motivazioni (ad es. acquisto o ristrutturazione prima casa).
Sarà comunque possibile reintegrare successivamente in tutto o in parte quanto prelevato a titolo di anticipazione.
Tipologia |
Quando |
Importo |
Spese sanitarie |
Sempre |
Fino al 75% |
Acquisto ed interventi di ristrutturazione sulla prima casa di abitazione |
Dopo 8 anni |
Fino al 75% |
Ulteriori esigenze dell’iscritto |
Dopo 8 anni |
Fino al 30% |
La somma che si preleva va a ridurre la posizione individuale e, quindi, ciò di cui si potrà disporre al momento del pensionamento. È bene valutare con attenzione se l’esigenza da fronteggiare con il denaro prelevato in anticipo sia inderogabile e non possa essere affrontata con mezzi diversi.
7. E’ possibile trasferire la propria forma pensionistica ad altra?
Si può decidere di cambiare forma pensionistica, generalmente dopo due anni di adesione. Il trasferimento è un diritto e non può essere ostacolato né possono essere poste condizioni al suo esercizio.
Se si ha diritto al contributo del datore di lavoro, è bene verificare se spostandosi ad una diversa forma pensionistica complementare si possa continuare ad usufruire di tale benefit.
8. Aderendo alle forme pensionistiche complementari si beneficia di vantaggi fiscali?
Al fine di favorire lo sviluppo di queste forme di previdenza complementare il legislatore prevede vantaggi fiscali quali la deducibilità annuale dei contributi (fino a un massimo di 5.164,57 euro annui, tenendo conto anche dei contributi versati dal datore di lavoro e di quelli versati nell’interesse di familiari a carico) e l’esenzione dall’imposta di bollo che è dovuta invece ad esempio sui Fondi Comuni “tradizionali”. Inoltre il TFR versato alla previdenza complementare è tassato con le stesse aliquote agevolate previste per la pensione. Lasciandolo in azienda, invece, il TFR sarà tassato in base all’aliquota IRPEF media a cui è soggetto il lavoratore.
E’ possibile usufruire dei vantaggi fiscali descritti anche per i soggetti fiscalmente a carico (ad esempio, per un genitore che apre una posizione previdenziale per il figlio fiscalmente a carico).
Da marzo 2015 il lavoratore ha un’ulteriore opportunità di scelta relativa al proprio TFR: ovvero può chiederne l’erogazione direttamente in busta paga. Occorre considerare che questa scelta sarà vincolante fino al 30 giugno 2018 e ha precise conseguenze fiscali: il TFR concorrerà a determinare la base imponibile IRPEF ordinaria e verrà quindi tassato con l’aliquota prevista per i propri redditi da lavoro.
9. I versamenti effettuati sono al sicuro da eventuali crisi dei gestori/datori di lavoro?
Le risorse dei Fondi pensione aperti e dei PIP costituiscono patrimonio autonomo e separato rispetto a quello delle Società che li gestiscono: quindi in caso di situazioni di crisi o insolvenza del Gestore, il risparmio previdenziale, essendo destinato esclusivamente al pagamento della pensione, non può essere assoggettato ad alcuna azione da parte dei creditori del Gestore.
In caso di insolvenza del datore di lavoro invece è il Fondo di Garanzia Inps che garantisce i lavoratori.
Per beneficiare dell’intervento del Fondo di Garanzia Inps è necessario che la propria posizione al momento dell’insolvenza del datore di lavoro risulti aperta.
10. Cosa accade in caso di trasferimento del rapporto di lavoro all’estero?
Se ci si trasferisce all’estero per motivi di lavoro i propri diritti pensionistici rimangono invariati così come si mantiene il diritto a ricevere i benefici di un regime pensionistico integrativo in qualsiasi Stato membro. In caso di rifiuto ci si può rivolgere al Centro Europeo Consumatori per ricevere assistenza.
Prima di sottoscrivere una pensione integrativa, è bene verificare in quale misura trasferirsi o vivere all’estero potrebbe incidere sui diritti pensionistici.
Il decalogo delle carte di credito e gli altri decaloghi sono reperibili sul sito di Unicredit e della Casa del Consumatore.