I vari spot che pubblicizzano acqua hanno creato grande confusione tra i consumatori, ai limiti dell’inganno. Bere acqua pura è pressoché un’utopia! Quanti possono avere la fortuna di mettere in tavola acqua di sorgente assolutamente incontaminata? Purtroppo, vivendo in un paese industrializzato, dobbiamo rassegnarci: la nostra acqua contiene piccole percentuali di elementi chimici, microrganismi e batteri indesiderati. Ma si può affermare con certezza che l’acqua imbottigliata e venduta al supermercato sia ecologicamente più pura?
Forse è necessario sfatare qualche falso mito.
Innanzitutto bisogna ricordare che l’acqua è un bene demaniale tanto prezioso da essere chiamato “oro blu”, di cui purtroppo non sembra capiamo l’importanza, a giudicare dall’enorme spreco idrico cui quotidianamente assistiamo e forse contribuiamo.
Quindi l’acqua è un bene di tutti, ma mercificato da pochi che lucrano parecchio a costi tutto sommato bassi:
– le tariffe regionali di concessione dello sfruttamento delle fonti sono irrisorie in relazione al guadagno che si ottiene dalla vendita finale;
– per l’imbottigliamento si utilizza la plastica decisamente meno cara del vetro ma anche meno salutare (teniamo presente che viene prodotta utilizzando petrolio i cui barili non sono propriamente a buon mercato);
– le spese di smaltimento e, nel migliore dei casi, riciclaggio delle bottiglie sono tutte a carico degli enti regionali.
Inoltre, dal punto di vista della salute, la differente denominazione “acqua minerale” e “acqua potabile di rubinetto” è alquanto deviante, nel senso che tutta l’acqua apporta dei benefici: ha effetti depurativi, idratanti, digestivi, diuretici, riduce l’appetito e, secondo alcuni studi, anche il rischio di infarto.
Ma dire che “non tutte le acque sono uguali” non è un’assurdità. È possibile, infatti, operare una distinzione sulla base della quantità di sali disciolti, come il sodio e il potassio, cioè in base al c.d. “residuo fisso”, e individuare acque minerali, oligominerali, minimamente mineralizzate. La curiosità interessante è che, da questo punto di vista, l’acqua del rubinetto può rientrare nella categoria delle acque oligominerali, esattamente come la maggior parte delle acque imbottigliate.
Per di più, forse non tutti sanno che l’acqua potabile comunale è sottoposta a norme più rigide e a controlli più restrittivi, ad esempio non può contenere più di 10 microgrammi per litro di arsenico, a differenza delle acque minerali che ne contengono 40/50 microgrammi senza obbligo di indicazione sull’etichetta. Stesso discorso si potrebbe fare per il manganese, il boro e il fluoro.
Un’altra falsa credenza è che le acque ricche di minerali siano dannose, ad esempio possano provocare la formazione di calcoli renali, invece quelle leggere sarebbero più salutari. In realtà è scientificamente provato l’esatto contrario: un’acqua ricca di calcio contribuisce al benessere/salute delle ossa e, in generale, le acque più corpose aiutano la circolazione.
Si potrebbe obiettare che l’acqua del rubinetto ha un cattivo gusto. E come dar loro torto? Il sapore un po’ sgradevole è dovuto alla necessaria presenza del cloro che disinfetta l’acqua rendendola appunto potabile. Fortunatamente qualche rimedio c’è. Innanzitutto è utile lasciarla riposare per qualche minuto in modo che il sapore si assesti. Inoltre è possibile utilizzare caraffe filtranti oppure installare appositi filtri domestici che eliminano i residui di cloro e di altri elementi presenti nelle tubature dell’acquedotto. Esistono diversi tipi di filtri: a carboni attivi, a scambio ionico, a osmosi inversa; in ogni caso tutti vanno utilizzati per acque già potabili e necessitano di manutenzione costante ed accurata, altrimenti rischiano di favorire la proliferazione di batteri.
È vero che il cloro non fa bene, ma è altrettanto vero che l’acqua chiusa per giorni e mesi in una bottiglia di plastica magari al caldo in camion e magazzini non adeguati è a rischio cessione chimica, cioè passaggio di particelle dalla bottiglia di plastica all’acqua. Si tratta di scegliere il male minore.
In aggiunta, l’acqua del rubinetto può ritenersi più sicura rispetto a quella minerale in quanto sottoposta a maggiori verifiche e controlli pubblici. Mentre per le acque in commercio i controlli sono per lo più privati, in quanto effettuati direttamente dai produttori.
Recenti studi hanno attestato che l’acqua che esce dai rubinetti di Milano e Roma è buona. Le migliori in assoluto sarebbero quelle di Cagliari, Pavia e Bergamo. Quindi grande città non è necessariamente sinonimo di bassa qualità dell’acqua comunale.
Anche l’aspetto economico non va trascurato: mille litri di acqua del rubinetto costano all’incirca un euro (a nostro parere potrebbe costare anche meno, ma questo è un altro discorso di politica delle acque pubbliche). Provate a calcolare quanta acqua minerale potete acquistare con un euro… Questo spiega perché i produttori possono permettersi di investire così tanto in pubblicità.
Infine, possiamo affermare che bere acqua del rubinetto comporta un notevole risparmio non soltanto economico ma anche energetico. A livello ambientale, infatti, si evita ad esempio tutto l’inquinamento dovuto a produzione, trasporto e smaltimento delle bottiglie.
Ovviamente è auspicabile che la qualità delle acque potabili migliori. Per fare questo è necessario che le istituzioni investano risorse per mantenere pulite e valorizzare le numerose sorgenti presenti sul nostro territorio e migliorare costantemente gli impianti idrici, in particolare sostituendo le tubature degli acquedotti quando sono troppo vecchie e arrugginite.
Da parte nostra, come consumatori, dobbiamo impegnarci di più a rispettare l’ambiente naturale (sorgenti, laghi, fiumi) ed evitare gli inutili sprechi di una risorsa così preziosa come l’acqua.