Se la vacanza si rivela più stressante del lavoro…
Quando si sceglie la meta del proprio viaggio ci si affida spesso alle illustrazione e descrizioni contenute nei depliant di agenzie e tour operator.
Purtroppo, però, una volta giunti sul posto, possono capitare spiacevoli sorprese: la zona non corrispondeva a quella pubblicizzata, l’albergo apparteneva ad una categoria inferiore, la spiaggia era sporca e l’acqua torbida, le attrezzature sportive erano scadenti o addirittura inesistenti, la stanza d’albergo era poco pulita e senza ricambio della biancheria, i cibi avariati determinavano un soggiorno coatto in camera, ecc. ecc..
Insomma, sono molti gli inconvenienti che possono letteralmente rovinare la tanto attesa vacanza, determinando uno stato di stress, disagio e frustrazione ampliato, magari, dall’irripetibilità dell’occasione (si pensi al viaggio di nozze) oppure dalla consapevolezza che per avere nuove ferie (garantite dalla Costituzione quale diritto inviolabile e irrinunciabile del lavoratore) bisognerà attendere un altro anno di duro lavoro…
Fortunatamente accanto al tipico danno patrimoniale da inadempimento contrattuale, la giurisprudenza è ormai propensa a riconoscere, anche sulla base della normativa internazionale e comunitaria in tema di viaggi e pacchetti all inclusive, in favore del turista-consumatore “fregato” il diritto al risarcimento di quel danno morale, o meglio non patrimoniale, noto come “danno da vacanza rovinata”. Tale voce comprende tutti i pregiudizi e disagi subiti dal turista per “non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e riposo conforme alle proprie aspettative”.
Nel vasto repertorio giurisprudenziale italiano e comunitario si possono trovare ad esempio sentenze di condanna di agenzie di viaggi per la mancata, incompleta oppure non veritiera comunicazione al cliente di informazioni essenziali come l’obbligo di passaporto, l’anticipazione dell’orario del volo oppure la situazione socio-politica critica del luogo di destinazione.
I soggetti responsabili che possono essere chiamati in causa dal turista-consumatore sono essenzialmente due: il tour operator quale organizzatore del viaggio e l’agenzia quale intermediario. Quest’ultima ha principalmente obblighi di corretta e veritiera informazione e comunicazione di tutte le notizie fondamentali e necessarie per il pieno godimento della vacanza.
L’organizzatore, invece, anche se si avvale dell’attività di “terzi” che forniscono singoli servizi compresi nel pacchetto (alberghi, vettori, ecc.), è responsabile nei confronti del cliente di tutti gli inconvenienti e disagi che possono verificarsi anche se le cause non sono a lui direttamente riconducibili.
Come ha chiarito la Corte di Giustizia Ce, il contratto di pacchetto turistico è volto a soddisfare la c.d. “finalità turistica” che ne costituisce la causa concreta, quindi tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione del fine di godere della vacanza come proposta dall’organizzatore ed accettata dall’utente devono considerarsi essenziali.
Con una recente pronuncia, ad esempio, la Corte europea ha affrontato il caso di due coniugi il cui soggiorno vacanziero era stato gravemente compromesso dalle condizioni di totale impraticabilità del mare e della spiaggia dovute allo scarico abusivo di una petroliera al largo della costa. In tale occasione la Corte ha condannato il tour operator al risarcimento del danno da vacanza rovinata per non essersi attivato per fornire un’adeguata soluzione alternativa oppure il rimborso almeno di una parte del prezzo pagato dai coniugi, ribadendo l’importanza di “tutelare il godimento di un bene (la vacanza) che riveste un particolare valore esistenziale nella vita delle persone che dedicano la maggior parte del loro tempo al lavoro”.
Dal momento che la possibilità di accedere a determinati luoghi di particolare bellezza ed attrattività ambientale, artistica o storica, costituisce il motivo principale della scelta del turista di acquistare un pacchetto piuttosto di un altro, l’organizzatore assume nei suoi confronti una vera e propria obbligazione di risultato. Dovrà quindi garantire “i servizi che almeno teoricamente possono attribuire quel piacere del viaggio o del soggiorno che il consumatore ha percepito come il valore specifico e determinante dell’offerta commerciale e sarà tenuto ad adoperarsi qualora il presupposto di utilizzabilità dei servizi venga a mancare”.