Parte da questa settimana “Bontà in tavola”, la rubrica del Blog delConsumatore dedicata a valorizzare e far conoscere le specialità e tradizioni enogastronomiche del nostro paese.
Iniziamo con il famoso Nero d’Avola.
Nei secoli i gusti e le esigenze alimentari dell’uomo sono cambiati e si sono modificati in relazione sia alla quantità che alla qualità de cibi, ma quello che, oseremmo dire da sempre, accompagna un buon pasto è un buon bicchiere di vino.
L’Italia, l’antica Enotria o meglio “Terra del vino”, è anche nel nome deputata alla coltivazione della vite per tutta la sua estensione: da Nord a Sud.
In Sicilia il vitigno principe è di sicuro il Nero d’Avola, conosciuto come base del Cerasuolo e di altri vini da tavola, che dà un vino strutturato, dai sapori e profumi intensi.
Il Nero d’Avola viene prodotto nelle terre che gli danno il nome, cioè ad Avola, assolata località in provincia di Siracusa, che si affaccia sulla costa ionica della Sicilia e che ospita numerosi vitigni ormai famosi in tutto il mondo proprio per la produzione di questo pregiato vino.
ORIGINI
Il primo esemplare sfruttamento delle potenzialità straordinarie di questo vitigno vinificato in purezza, lo ritroviamo nel “Duca Enrico”, rosso della Duca di Salaparuta, ottenuto da uve selezionatissime, la cui prima vendemmia risale al 1984, coltivato nella tradizionale forma ad alberello. Pioniere quindi dei grandi vini siciliani ottenuti da Nero D’Avola in purezza, ha visto nascere dopo numerosi vini di pregio, nei quali ha potuto esprimere tutte le sue potenzialità. Alcuni tra i più importanti: Abbazia Santa Anastasia “Nero D’Avola”, Baglio Hopps “Nero D’Avola, Cusumano “Sagana”, Donnafugata “Mille e una Notte”, Feudo Principi di Butera “Nero D’Avola Deliella”, Firriato “Harmonium”, Morgante “Don Antonio”, Planeta “Santa Cecilia”, Torrevechia “Casale dei Biscari”, Valle dell’Acate “Nero D’Avola”, sono commercializzati e richiesti in tutto il mondo.
Oggi il vitigno è il più diffuso nella regione e netta è la sua affermazione in tutto il mondo, come vitigno a bacca rossa dalle grandi qualità, dal quale sono prodotti vini di grande spessore.
Il suo nome nasce come Calaulisi, italianizzato erroneamente in Calabrese. Cala è la forma dialettale, di Calea, o Caleu, sinonimi siciliani di “Rracina”, cioè uva. Aulisi è invece l’aggettivo riferito ad “Aula”, cioè la città di Avola in dialetto. In definitiva l’antico termine Calaulisi altro non significa che “uva di Avola”, zona dove venne effettuato il primo innesto. Si è mantenuto invece il riferimento alla Calabria, perché gli esportatori di vini siciliani trovarono più facile vendere all’estero e soprattutto in Francia questo vino come “calabrese”, dato che i vini rossi calabresi in quel tempo erano decisamente più famosi e apprezzati; già nel 1800 tuttavia i vini rossi provenienti da uve Nero d’Avola del territorio siracusano erano divenuti molto richiesti e ambiti dagli stessi commercianti francesi e del nord Europa, che li applicavano per dare colore e corposità ai loro vini.
STORIA
Sul finire del 1800, secondo i dati riportati in diversi Bollettini Ampelografici del Ministero Agricoltura, il vitigno Nero d’Avola era coltivato un po’ in provincia di Catania ma assai in quella di Caltanisetta e, successivamente, grandemente nella provincia di Ragusa e Siracusa, tanto da diventare il vitigno a uva nera prevalente. Dopo la seconda guerra mondiale, il Nero d’Avola era largamente diffuso nelle province di Siracusa, Caltanissetta, Ragusa e con buona percentuale anche in quelle di Agrigento, Messina e Catania.
Risale intorno agli anni 1774-77 un primo riferimento al Nero d’Avola, da parte del fiorentino Domenico Sistini, bibliotecario presso il Principe Biscari, a Catania; descrivendo i vigneti del siracusano annota che tale vitigno produce una “ottima qualità di vino”. Dopo l’epidemia di fillossera, ad Avola la coltivazione della vite viene sostituita da quella del mandorlo soprattutto con la rinomata “pizzuta d’Avola”.
COLTIVAZIONE
Oggi il Nero d’Avola viene coltivato in differenti percentuali in quasi tutta la Sicilia, ma è nel territorio d’origine che è maggiormente diffuso, quello sud-orientale da Eloro, Pachino, Noto, Avola… Questa zona è la più calda della Sicilia con temperature medie che superano i 17° d’inverno e punte estive oltre i 40°.
Agli inizi del XX secolo si diffuse la tecnica dell’innesto su vite americana resistente alla fillossera e la vite cominciò nuovamente a verdeggiare.
La crisi economica conseguente alla fillossera e la guerra commerciale con la Francia segnarono la fine della produzione dei vini ad alta gradazione ed ad intenso colore, che venivano esportati in Francia come vini da taglio, ed aumentò la produzione dei vini da pasto a più moderato tenore alcolico, profumati e freschi, antesignani degli attuali vini a denominazione di origine Siracusa.
Fino a pochi anni fa il vino prodotto con il nero d’Avola veniva commercializzato col nome generico di vino di Pachino e il mosto veniva utilizzato per il taglio di altri vini. Dai francesi, che ne facevano largo uso sia in Gironda che in Borgogna, veniva chiamato “vin medicine” per la forte gradazione alcolica e il profumo intenso.
Coltivato principalmente ad alberello o a spalliera, questo vitigno aveva sempre prodotto un’uva ad alta gradazione zuccherina che gli permetteva di arrivare con facilità ad oltre quindici gradi alcolici. Coltivandolo con particolari criteri si è riusciti ad abbassarne il contenuto di zuccheri e ad aumentarne l’acidità, e vinificandolo in purezza, con tecnologie moderne, si è rivelato come uno dei più grandi rossi italiani di struttura, dal carattere possente, intenso, armonico, caldo, adatto all’affinamento in pregiati legni. Molti produttori si sono attivati per produrre vini unendo il Nero D’avola ad altri vitigni di sapore più internazionale e sono nati così connubi, come nero D’Avola – Syrah, Nero D’Avola – Cabernet Sauvignon, Nero D’Avola-Merlot, con risultati davvero eleganti e sorprendenti.
CARATTERISTICHE
Il grappolo non è molto grande, l’acino è medio-piccolo, il colore della buccia a maturazione è violetto intenso, appena pressato da un succo molto zuccherino e di buona acidità. Con queste uve si possono ottenere vini di diversa tipologia: vini di pronta bevanda con uva delle pergole e delle controspalliere e vini da invecchiamento negli impianti a maggiore fittezza e minor produzione. Ha un colore rosso rubino intenso, brillante, vivace, con riflessi violacei se giovane o granati dopo l’invecchiamento.
L’ aroma è complesso con note di viola e speziato ( liquirizia e chiodi di garofano ), prugna secca, ciliegia, mora, ribes nero, lampone e cioccolato, cuoio e tabacco come descrittori secondari. Sono vini caldi robusti equilibrati con tannini abbondanti ma morbidi che con l’affinamento in botti di rovere guadagnano in complessità e purezza. Adatti con abbinamenti di carni rosse e arrosti di carni bianche, coniglio in agro-dolce, testina di vitello al sugo e formaggi mediamente stagionati.
Il Nero d’Avola è un vitigno molto ricco di resveratrolo, sostanza che favorisce l’abbassamento del colesterolo nel sangue, soprattutto se le uve vengono sottoposte ad appassimento con taglio del tralcio uvifero dieci giorni prima della vendemmia.
Domani descriveremo con più precisione la produzione e le caratteristiche del famoso Nero, grazie anche al prezioso contributo del produttore di Nero d’Avola Francesco Assennato.
di Gaetano Munafò e Grazia Maria Schirinà