Equitalia non può pignorare la prima casa: a stabilirlo è la Cassazione con la sentenza 19270 del 12 settembre 2014, la quale vieta ad Equitalia di toccare l’abitazione principale del debitore.
La norma, in realtà, esisteva già (era contenuta nel “decreto del Fare”) ed era stata ribadita da varie norme in materia di fisco, ma quello che la Suprema Corte ha stabilito è l’applicabilità del divieto anche ai procedimenti esecutivi già in corso.
Ciò significa che il divieto ha effetto retroattivo, a differenza di quanto aveva previsto il Ministro dell’Economia, secondo cui la norma avrebbe dovuto riguardare solo i pignoramenti avviati dopo il 21 giugno 2013.
La Suprema Corte dopo un anno ha quindi fugato ogni dubbio: il divieto si applica anche agli atti esecutivi in corso contro le abitazioni principali dei contribuenti.
Con un unico (ragionevole) limite: il divieto non si applica agli immobili considerati di lusso.
Il decreto del Fare richiede quindi che la prima casa sia l’unico immobile di proprietà del debitore (con esclusione delle abitazioni di lusso), che sia adibito ad uso abitativo e che lo stesso vi risieda anagraficamente.
Se vi sono queste condizioni, Equitalia non può procedere all’espropriazione dell’immobile e dovrà bloccare quelle già iniziate, per cui l’azione esecutiva non potrà più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente di riscossione.
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