A partire dal 20 marzo 2011, le persone che si ritengono lese nei loro diritti non possono più, in alcune materie, rivolgersi direttamente al giudice per ottenere giustizia. Infatti, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di diritti reali (ad esempio proprietà o servitù di passaggio), divisione (di un bene in comunione), successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, responsabilità medica, diffamazione, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione.
Si tratta della mediazione obbligatoria che non piace agli avvocati che sostengono, non senza ragione, che tale istituto impedisca il libero accesso del cittadino alla giustizia e quindi sia uno strumento incostituzionale. Del resto, se l’attivazione della mediazione obbligatoria non porterà ad un accordo tra le parti, il cittadino che ritiene di avere subito un’ingiustizia sarà tenuto a pagare due volte: la prima volta dovrà pagare il mediatore, nonostante il mancato accordo, e successivamente dovrà corrispondere il contributo unificato per rivolgersi al tribunale per ottenere giustizia. Ecco perché gli avvocati parlano, a proposito della mediazione obbligatoria, di ostacolo al cittadino per l’accesso alla giustizia; la vittima di un’ingiustizia non può quindi esercitare direttamente i propri diritti come invece è sancito dall’articolo 24 della Costituzione.
Di recente è intervenuto il TAR del Lazio il quale sul ricorso presentato dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura ha rinviato alla Corte Costituzionale la questione della legittimità costituzionale della legge istitutiva della mediazione obbligatoria.
La mediazione, valutata con equidistanza, può comunque rivelarsi uno strumento utile solo se la scelta di avvalersi di tale procedimento è lasciata alla libertà delle parti. La mediazione deve quindi essere una scelta facoltativa e libera dei soggetti in lite e non un’imposizione obbligatoria, come del resto avviene in Europa. Se la decisione di avvalersi o meno del mediatore fosse libera tale strumento processuale potrebbe sicuramente funzionare, se entrambe le parti sono in buona fede, come strumento alternativo di risoluzione delle controversie. La parte in malafede invece attenderà al varco il malcapitato che vanta dei diritti, facendogli perdere tempo e soldi davanti al mediatore, senza raggiungere alcun accordo, per poi costringere comunque la vittima dell’ingiustizia a rivolgersi al giudice con quattro mesi di ritardo.
Si pensi al caso del cittadino che rivendica una lesione del diritto fondamentale alla salute per un errore medico. Il paziente dovrà tentare la strada obbligatoria della mediazione, a pagamento, sapendo già che l’Ente Ospedaliero offrirà come risarcimento un piatto di lenticchie che lo costringerà a rivolgersi alla magistratura. Oppure, si rifletta sul fatto che un soggetto il quali non paghi al locatore il canone di affitto sarà in grado di ritardare per più di sei mesi, solamente non presentandosi davanti al mediatore, l’inizio del processo davanti al giudice per vedersi giustamente sfrattato. Per non parlare del fatto che, allo stato attuale, le parti indigenti non possono avvalersi del gratuito patrocinio davanti al mediatore. Il cittadino in difficoltà economica che abbia diritto, per legge, al gratuito patrocinio davanti al giudice non ha tale diritto davanti al mediatore. Si tratta o meno in tal caso di ostacolo all’accesso alla giustizia? Lascio la risposta agli attenti lettori.
Avv. Orlando Navarra
Vice presidente nazionale Casa del Consumatore