Olio di palma: la strega dei nostri tempi?

olio-di-palma-di-frutta_2943860

Succede sempre nello stesso modo, si comincia a parlare di un argomento per sommi capi e, alla fine, la questione si estende a macchia d’olio, tanto per rimanere in tema, fino a dominare i dibattiti e tutti i mezzi di comunicazione conosciuti. E se chiedete in giro, nessuno sa chi ha cominciato il telefono senza fili, ma tutti conoscono bene la notizia che da parecchi mesi tiene banco, l’olio di palma.

Ci siamo accorti di come dalle parole si sia passati ai fatti, con la comparsa, negli scaffali dei supermercati, di prodotti la cui confezione riporta la dicitura “senza olio di palma”. Anche le grandi marche si sono adeguate alla richiesta del popolo dei consumatori, che vorrebbe ridotto al minimo se non addirittura escluso, l’olio di palma dai cibi.

Ma l’olio di palma dove si usa? E fa male o no?

L’olio di palma è molto diffuso nella lavorazione dei prodotti da forno per le sue proprietà anti rancide (permette, quindi, una conservazione più lunga), eliminarlo significa trovare un surrogato che possa avere le stesse proprietà.

È molto importante, quindi, girare la confezione che presenta il bollino “senza olio di palma” sulla parte anteriore e verificare quali oli lo sostituiscono; questo perché, alcuni surrogati, mascherati da nomi incomprensibili per il consumatore medio, potrebbero erroneamente indurlo a pensare di ingerire cose più sane.

Una delle poche aziende che non solo ha mantenuto l’olio di palma nei suoi prodotti ma che ha anche deciso di spiegare le motivazioni di questa scelta è la Ferrero; non solo con uno spot che sottolinea il rapporto con una tradizione decennale che non viene messa in discussione, ma anche con un convegno tenutosi al 27 ottobre presso il Westin Palace di Milano.

Ferrero, nella persona dell’amministratore delegato Alessandro d’Este, ha raggruppato le figure che potevano contribuire ad un’informazione medico scientifica dettagliata sulla questione. Tra questi Elena Fattore, dell’Istituto Mario Negri, Alain Rival, Carlo Agostoni, Giovanni Lercker, dell’Università degli Studi di Bologna, Giovanni Fattore dell’Università Bocconi di Milano e Marco Silano, dell’Istituto Superiore di Sanità.

Tutti sembrano concordare sul fatto che, pur riconoscendo l’olio di palma come un grasso saturo che va quindi consumato nella quantità suggerita dal buonsenso, al momento non ci sia un reale pericolo per la salute.

 

Ora, l’olio di palma è buono, anzi addirittura fondamentale per una dieta corretta?

La risposta a questa domanda è una riflessione, sostenuta dall’intervento del Professor Bosio, preside della facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, che esplora la nostra capacità di formarci un’opinione nei tempi della comunicazione social e orizzontale (tra pari grado di conoscenza).

Quanti di noi hanno davvero approfondito la questione dopo aver letto un articolo o dopo che il nostro amico ci ha detto che l’olio di palma fa male?

Quanti se ne fregano di tutta la faccenda perché se ne parla troppo?

Quanti ancora non hanno capito di cosa si sta parlando?

Nessuna di queste categorie ha o cercherà gli strumenti giusti per valutare obiettivamente la questione. Questo perché:

– vedono scritto sulla maggior parte delle confezioni dei prodotti “senza olio di palma”;

– hanno letto l’articolo che ha condiviso un amico su facebook dove c’è scritto che l’olio di palma è cancerogeno ma non sanno citarne la fonte;

– la signora del piano di sotto ha detto che ai figli non fa mangiare niente che contenga olio di palma già da anni.

 

La conclusione è ovvia, ma l’informazione che è passata è corretta?

No, perché gli attori intervenuti nella comunicazione non hanno le competenze medico-scientifiche per poter affermare che l’olio di palma faccia male o il contrario. La buona regola sarebbe non diffondere teorie o informazioni di cui non sono state accertate le fonti, ma questo non accadrà mai, perché le persone tendono a pensare di essere sempre nel giusto e cercano più alleati possibili a supporto delle loro tesi.

È quindi necessario, per noi riceventi, prendere ogni informazione con il beneficio del dubbio ed accertarsi della bontà della stessa prima di ritrasmetterla a nostra volta. Quello su cui, senza alcun dubbio, dobbiamo spendere due parole con coscienza di causa è il problema ecologico, legato alla coltivazione delle piante che producono olio di palma (poiché, tutta la questione era stata, giustamente, sollevata per denunciare questo problema).

Come ha spiegato Chiara Campione di Greenpeace, la grave questione del disboscamento dovuto alla riqualificazione dei terreni per la coltivazione delle piante da cui si estrae l’olio di palma, è ancora in via di risoluzione ma crea molti danni all’habitat naturale e alle popolazioni residenti. Sulle procedure per produrre l’olio di palma salvaguardando l’ambiente e la salute degli abitanti del luogo, dice la Campione, si sta e si deve ancora lavorare.

 

Quindi, in conclusione, l’olio di palma fa male o no?

La Ferrero e gli esperti in vari ambiti che sono intervenuti al convegno propendono per il no; è plausibile pensare che altri marchi, che, invece, hanno deciso di eliminare l’olio di palma dai loro prodotti siano convinti del contrario.

L’unica informazione sicuramente veritiera è che non dobbiamo credere a tutto ciò che viene detto solo perché in molti puntano il dito, ma bisogna capire se il braccio che regge la mano in questione è attendibile. Ed è meglio essere sicuri che la strega lo sia davvero, prima di bruciarla.

Voi cosa ne pensate dell’olio di palma? Vi siete informati?