Impossibile non notarlo: basta girare per le vie di qualsiasi città per rendersi subito conto che, negli ultimi mesi, sono spuntate come funghi tantissime “hamburgherie” che offrono grande varietà: hamburger di manzo o di pollo, con insalata, pomodori, formaggio, bacon, onion, ketchup, maionese, salsa barbecue, accompagnati da patatine stick, “a ricciolo”, al forno, ecc. Insomma, un insieme molto vario di ingredienti non proprio autoctoni, ma importati dalla cultura a stelle e strisce, come si vede già dal nome anglofono di alcuni ingredienti tipici dell’hamburger.
Questo boom era impensabile fino a qualche hanno fa, in cui lo scettro del potere era detenuto dal colosso Mc Donald’s, affiancato da qualche fast food qua e là nel centro città o in provincia.
Adesso invece l’hamburger, originario della città tedesca di Amburgo e simbolo della vita frenetica dei lavoratori e perfino della globalizzazione, sembra aver contagiato tutti, perfino quei paesi con una tradizione culinaria forte e molto lontana da quella americana, come ad esempio l’Italia, la cui dieta mediterranea, patrimonio Unesco, sembra gradualmente retrocedere di fronte alla polpetta USA.
Non solo: anche in altri paesi europei si assiste allo stesso fenomeno, tanto che perfino gli snob francesi sembrano preferire l’hamburger all’entrecote già da qualche anno.
Insomma, dall’Europa agli States e all’Europa di nuovo, l’hamburger ha fatto il giro del mondo e nessuno sembra resistervi, neppure i vegetariani o i celiaci. Si è pensato infatti anche a loro, offrendo hamburger di soia, di ceci o di altre verdure e rigorosamente senza glutine.
Forse perché è un pasto caldo ma veloce, che ben si concilia con le pause pranzo dei lavoratori, forse per il costo contenuto, l’hamburger sembra essere il preferito tra i panini e non solo: ha sicuramente raggiunto la popolarità della pizza, orgoglio italiano celebre in tutto il mondo.
L’hamburger-mania ha coinvolto anche ristoranti, che si sono piegati al panino più richiesto al momento, visto che si trova sui menù non più solo di bar e pub, ma si è fatto largo anche in trattorie, bistrot e locali più di nicchia, tanto che un ristorante di Pordenone ne vende uno a 85 euro!
E così da Milano, città dell’Expo 2015 proprio sull’alimentazione, alle hamburgherie nei vicoli di Genova, agli hamburger di Chianina in Toscana, alle varianti più meridionali con burrata o mozzarella di bufala e cipolle di Tropea, la moda di origine nordamericana dilaga e colpisce tutte le fasce di età, dallo studente universitario che vuole mangiare tanto spendendo poco, alla famiglia con figli piccoli, all’impiegato che in questo periodo di crisi cerca di risparmiare sul pranzo.
C’è anche da dire che questo boom preoccupa nutrizionisti e aficionados della tradizione culinaria nostrana, spaventati da un tale consumo di carne, non sempre di qualità.
E voi che ne pensate? È soltanto una moda del momento o la nostra alimentazione sta davvero cambiando rotta?
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