Autunno tempo di vendemmia e tempo di novità. Per la prima volta quest’anno infatti i vini che rispettino determinati limiti potranno fregiarsi della dicitura in etichetta “vino biologico”, grazie ad un regolamento europeo definitivamente approvato nell’agosto 2012 dopo un lungo e travagliato iter.
Sino a ieri era infatti la sola uva a potersi fregiare dell’etichetta bio, mentre da questa vendemmia anche il prodotto finale, il vino, potrà, se rispettoso dei limiti fissati dal regolamento, etichettarsi bio. Vediamo allora a quali condizioni il vino si può chiamare bio.
Il processo di vinificazione prevede l’aggiunta di anidride solforosa, comunemente nota come zolfo o solfito. Sulle quantità ammesse era bloccata da vent’anni la disputa a Bruxelles tra chi chiedeva alti livelli di anidride solforosa, per lo più i paesi del nord Europa e qualche grande industria, e i produttori del sud che, per motivi climatici, ne usano meno.
Va ricordato che lo zolfo viene sin dall’antichità usato come disinfettante del vino. Aggiunto al vino ne impedisce l’acetificazione. Lo zolfo è presente come conservante in molti altri alimenti come frutta secca, marmellate, maionese e succhi di frutta.
Dopo anni di scontri si è finalmente raggiunto un accordo che prevede un tetto massimo di 100 milligrammi per litro nei vini rossi e 150 mg/l nei bianchi. Il nuovo regolamento stabilisce anche dei limiti a talune pratiche di cantina, ma restano comunque tanti gli additivi ammessi, purché di origine naturale e certificata bio. Il “vino biologico” infine, verrebbe da dire ovviamente, deve essere prodotto utilizzando uve biologiche come definite nel regolamento ce 834/2007.
Da quest’anno dunque i vini che rispettano i limiti fissati dal regolamento potranno adottare la dicitura “vino biologico” e l’etichetta dovrà riportare il logo biologico dell’Ue e il numero di codice del competente organismo di certificazione e rispettare le altre norme in materia di etichettatura del vino. Le nuove norme sono ispirate al principio della maggiore trasparenza per un migliore riconoscimento da parte dei consumatori. Dovranno contribuire non soltanto a facilitare il funzionamento del mercato interno ma anche a rafforzare la posizione che i vini biologici dell’Ue detengono a livello internazionale, dato che altri paesi produttori (Usa, Cile, Australia, Sudafrica) hanno già stabilito norme per i vini biologici.
Secondo le prime stime l’Italia dovrebbe essere il primo paese produttore di vino biologico in Europa, in termini di quantità, prima della Francia e della Spagna. Secondo il Sinab, il sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica del Mipaaf , gli ettari coltivati a vite biologica sono ad oggi 52.273, di cui 21.931 in conversione. La Sicilia ha il maggior numero di ettari, passati da 10 mila a 17 mila in un solo anno (dal 2009 al 2010), poi c’è la Puglia con oltre 8 mila ettari e poi la Toscana con 6 mila.
Non sono mancate le critiche al nuovo regolamento, visto che i solfiti ammessi da molti vengono ritenuti ancora eccessivi e visto che il regolamento nulla dice dell’uso di pesticidi, nè vieta l’uso di albumina (che però dovrà essere indicata in etichetta, in base ad altra normativa in vigore dalla fine di giugno) e ammette l’utilizzo nella vinificazione di acido ascorbico, la gomma arabica e trucioli di quercia (che servono a fingere l’affinamento in barrique).