Sacchetti di plastica quali alternative?

Il secondo decennio del duemila si è aperto con una buona notizia per l’ambiente. Dall’1 gennaio nel nostro paese è vietata la commercializzazione di sacchetti non biodegradabili per l’asporto delle merci.
Davvero non circoleranno più i sacchetti di plastica? E quali sono le alternative?

Cominciamo col definire i sacchetti non biodegradabili. Tali dovrebbero senz’altro essere quelli in polietilene (il tipo di plastica generalmente utilizzato per i sacchetti), anche se qualche dubbio è stato sollevato da qualche sofista della materia, visto che, sia pur in tempi lunghissimi (dai quindici ai mille anni),  anche la plastica viene aggredita da microorganismi ed è soggetta a degrado.

La norma più precisa sul tema è la EN 13432, che definisce “compostabile” l’imballaggio biodegradabile, disintegrabile, con bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sul compostaggio.

Le alternative che oggi il mercato offre alla plastica sono le bioplastiche (già introdotte da alcune catene di supermercati), la carta e la vecchia sporta o i più moderni trolley per la spesa.
Diciamo da subito che portarsi il contenitore per la spesa da casa è la soluzione di gran lunga da preferire. Bioplastiche e carta sono infatti biodegradabili, ma in ogni caso si tratta di prodotti che impattano sull’ambiente in fase di produzione, trasporto, compostaggio e (per la carta) riciclo.

Si pensi che per produrre un kg di bioplastica (da noi è stata inventata ed è diffusa la “Mater-bi”) è necessaria energia termica ed elettrica pari ad 1,4 kg di petrolio equivalente e 50 litri di acqua. Si legge in “Guida al consumo critico” (a cura del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, EMI, 2009) che un chilo di Mater-bi, durante il processo produttivo, lascia dietro di sé due kg di gas serra, 350 grammi di rifiuti solidi (di cui il 17% pericolosi) e un peso indefinito di inquinanti disciolti nell’acqua e nell’aria.  Le bioplastiche contengono inoltre anche ingredienti di origine chimica derivati dal petrolio, sia pur biodegradabili. Insomma, una soluzione ben migliore rispetto ai sacchetti di plastica, ma non immune da effetti sull’ambiente.

Quanto alla carta, è ben noto il grave impatto che la sua produzione ha sull’ambiente e persino il riciclo, sicuramente una buona abitudine, comporta consumi di acqua ed energia.
Meglio quindi cercare di evitare sia i sacchetti biodegradabili che quelli di carta.

E tutti i sacchetti di plastica ancora in circolazione? La norma nulla dice dello smaltimento delle scorte né vi sono sanzioni per chi viola il divieto di commercializzazione dei sacchetti di plastica. Si tratta peraltro di un divieto che colpisce solo i sacchetti destinati al trasporto della merce. Continueremo quindi a trovare nei negozi e supermercati i sacchetti neri della spazzatura, che anzi prevedibilmente si avvantaggeranno del nuovo divieto, visto che i sacchetti biodegradabili sono poco resistenti e si rompono facilmente, soprattutto con la pioggia.

Pur con tutti i limiti del caso e i chiarimenti ancora da venire, la novità è comunque ottima e non possiamo che salutarla con entusiasmo. Per renderci conto della sua portata, pensiamo solo ad un’isola che non tutti conoscono: si chiama Pacific Vortex, si trova a circa 800 miglia a nord delle Hawaii, ha un’estensione di alcuni milioni di chilometri quadrati ed un peso stimato di tre milioni di tonnellate. È un’isola felice di incontaminata bellezza? No … è interamente formata da sacchetti di plastica!!!!