Otto mesi fa, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che ha definito tributo la Tariffa di Igiene Ambientale (TIA)
Dal giorno successivo ad oggi, si sono scatenate le proteste basate sul concetto, di per sé giusto, che ad un tributo non debba essere applicata l’IVA, in quanto applicare un tributo su un altro tributo è vietato dalla Costituzione.
Migliaia di cittadini, in gran parte fuorviati da pareri legali superficiali, sono stati indotti a pensare che a breve avrebbero ricevuto rimborsi su rimborsi.
Purtroppo invece le risposte ottenute sono state sempre negative. Perché?
Non è forse la Corte Costituzionale ad avere il potere di cancellare le norme ritenute contrarie alla Costituzione? Sì, ma in questo caso non l’ha fatto!
Ciò in quanto nel caso in questione la Corte Costituzionale non era stata chiamata a decidere se l’IVA sulla TIA fosse dovuta oppure no.
La Corte però, nelle motivazioni della sentenza (in cui si è pronunciata su altre questioni), ha spiegato le ragioni su cui poggia la natura di tributo della TIA e l’ha qualificata come prelievo identico alla precedente TARSU.
Risultato?
La decisione non è vincolante per i giudici.
In questa situazione, per ora la strada migliore è quella di inviare in ogni caso una diffida al Comune e all’azienda locale che si occupa dello smaltimento dei rifiuti per interrompere la prescrizione ed evitare che con il passaggio del tempo in futuro vi possano dire che non vi rimborsano perché non lo avete chiesto in tempo (sul nostro sito potete trovare il modello di diffida).
Nel frattempo, se continuano a non arrivare i chiarimenti che si attendono dal Governo, La Casa del Consumatore avvierà alcune cause pilota per obbligare la Corte Costituzionale ad un nuovo intervento, questa volta proprio sulla specifica questione dell’IVA sulla TIA.