Consumatore

Wardrobing e bracketing: i comportamenti scorretti di chi acquista online

Fare shopping online è l’alternativa ideale per chi è in cerca di affari, dispone di poco tempo e ama la comodità. Non è un caso, infatti, se l’acquisto online di capi di abbigliamento è, oggi, così popolare. Tuttavia, largamente diffusi sono alcuni fenomeni, sempre più allarmante per le aziende produttrici. Questa volta, infatti, a porre in essere pratiche scorrette sono proprio i consumatori. Ci stiamo riferendo al così detto wardrobing, noto anche come “wear and return” o “free renting”. 

Scopriamo che cos’è

Si tratta del fenomeno per il quale i consumatori acquistano un capo di abbigliamento, come un abito di alta moda o un costoso paio di scarpe, con l’intenzione di indossarlo per qualche occasione – giusto il tempo necessario per scattarsi una foto e postarla sui social! – e poi restituirlo, sfruttando il rimborso e il reso gratuito. Di fatto, si configura come una sorta di affitto gratuito di capi d’abbigliamento, se vogliamo ancora più grave rispetto ad un’altra abitudine propria di molti consumatori, ossia il bracketing. In questo caso, il cliente acquista uno stesso capo, in diverse taglie, forme o colori, per poi scegliere comodamente da casa quello più adatto e restituire tutti gli altri.
Senza dubbio, non esiste una legge che vieti espressamente questo tipo di comportamenti: se il prodotto viene reso in condizioni pari al nuovo, quindi con l’etichetta e senza alcun segno di usura, il consumatore non subirà alcuna ripercussione. Ciò non toglie che si tratta di pratiche eticamente scorrette e, in particolar modo in riferimento al wardrobing, fraudolente.

È importante essere consapevoli che il reso di un prodotto costringe l’azienda e-commerce a subire costi inutili e una significativa perdita di tempo. Inoltre, i prodotti di tendenza potrebbero in poco tempo non essere più di moda cosicché, dopo il reso, la velocità di vendita degli stessi sarà inferiore. Oltre a ciò, non è da sottovalutare l’aspetto legato alla sostenibilità, ossia all’impatto sull’ambiente dovuto al trasporto del prodottoe agli imballaggi impiegati. 
In aggiunta, i commercianti si trovano obbligati a escogitare strategie per far fronte a questo tipo di pratiche e a rivedere le proprie politiche di restituzione. Per esempio, saranno propensi a rendere il reso sempre più difficile, richiedendo lo scontrino, la confezione originale e l’etichetta ancora attaccata al capo. Alcuni esercenti opteranno per addebitare al consumatore una commissione per la restituzione degli articoli, ponendo fine al reso gratuito.

È chiaro che così facendo a subire le conseguenze negative sono anche i clienti più corretti, che semplicemente desiderano restituire un prodotto perché non soddisfa le proprie aspettative, e l’azienda stessa, la quale è indubbiamente più attrattiva se le condizioni di reso risultano agevoli.
Nell’era del delle risorse digitali, diventa sempre più importante che i diversi attori del mercato, in particolare i clienti e gli e-commerce, sviluppino relazioni basate sulla fiducia. Solo facendo fronte alle diverse criticità e pratiche scorrette, si creerà un ambiente digitale sano e funzionale, perché capace di sfruttare al meglio tutte le potenzialità del settore tecnologico. Impegniamoci tutti per rendere più virtuoso lo shopping online!

Questo, d’altronde, è anche il fine a cui mira ShoppingVerify, il sito indipendente di Casa del Consumatore che intende migliorare sia l’esperienza di acquisto sia l’esperienza di vendita, raccogliendo i commenti degli utenti riguardo ai propri acquisti online e permettendo anche agli e-commerce di intervenire rispondendo alle recensioni e ai reclami. Di recente è stata inserita anche la possibilità di avviare una conciliazione attraverso il servizio gratuito ConciliaShopping. Tale procedura è attivabile in tutti quei casi in cui il consumatore non sia rimasto soddisfatto dell’esito del reclamo o non abbia ricevuto risposta dal venditore. Funziona in modo molto semplice, la richiesta di conciliazione sarà trasmessa a una Commissione composta da un conciliatore dell’e-commerce e da un conciliatore di Casa del Consumatore, i quali cercheranno di trovare un accordo per risolvere la controversia.

Finanziato dal MIMIT D.M. 6/5/2022 art. 5

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