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Sugar Tax: scopriamo di che cosa si tratta


L’espressione “sugar tax” – traducibile letteralmente dall’inglese come “tassa sullo zucchero” – è diventata di uso comune a livello internazionale per descrivere qualsiasi tipo di imposta volta a ridurre il consumo di zuccheri attraverso una leva fiscale. 
Nonostante il nome possa suggerire che la tassa riguardi esclusivamente lo zucchero, in molti casi essa si applica a tutti i prodotti ad alto contenuto di zuccheri aggiunti, inclusi dolci, bevande zuccherate e altri alimenti processati. 

Ma quali sono gli obiettivi di questa tassa e in che maniera viene applicata? Andiamolo a vedere!

L’obiettivo principale di questa imposta è chiaro: ridurre il consumo di zuccheri aggiunti nella dieta della popolazione, contribuendo così a migliorare la salute pubblica e ridurre i costi sanitari associati a malattie legate all’obesità e al diabete di tipo 2. Questa tassa è stata inoltre adottata da diversi paesi come misura per combattere la crescente epidemia di obesità e altre malattie croniche correlate a un elevato consumo di zuccheri. Tra gli esempi che hanno riportato risultati migliori ci sono il Regno Unito e la Francia, dove si è registrata una riduzione del consumo di bevande zuccherate e una maggiore consapevolezza riguardo agli effetti nocivi dello zucchero sulla salute.

Ma come avviene l’applicazione della sugar tax? Ebbene, la tassa consiste in un costo aggiuntivo (che in genere ammonta a pochi centesimi) su prodotti che superano una certa soglia di zucchero. Ad esempio, una bibita che contiene più di una certa quantità di zucchero per litro potrebbe essere soggetta a un’imposta aggiuntiva. Questa tassa viene solitamente pagata dai produttori o distributori, i quali spesso trasferiscono il costo aggiuntivo ai consumatori finali aumentando il prezzo del prodotto. 
L’idea alla base è che l’aumento del prezzo riduca la domanda di questi prodotti zuccherati, incoraggiando i consumatori a scegliere opzioni più salutari: infatti, uno dei principali vantaggi della sugar tax per i consumatori è proprio la promozione di abitudini alimentari più sane. Riducendo il consumo di bevande zuccherate, i consumatori possono diminuire il rischio di sviluppare malattie croniche (come il diabete di tipo 2), malattiecardiache e obesità. Studi condotti in paesi dove la sugar tax è già stata implementata, come il Messico e il Regno Unito già citato in precedenza, hanno mostrato una significativa riduzione delle vendite di bevande zuccherate e un aumento del consumo di alternative più salutari.

Nonostante i potenziali benefici per i consumatori, la sugar tax presenta anche alcuni svantaggi. Innanzitutto, l’aumento dei prezzi dei prodotti zuccherati, seppur di pochi centesimi, a lungo andare potrebbe gravare maggiormente sulle famiglie a basso reddito, che tendono in media a consumare più frequentemente alimenti e bevande che rientrano tra quelli tassati.

Infine, esiste il rischio che i consumatori si orientino verso altri alimenti altrettanto calorici ma non soggetti alla tassa, non ottenendo così un reale miglioramento nella loro dieta. Infine, un altro possibile svantaggio è che l’industria alimentare potrebbe reagire modificando le formulazioni dei prodotti al fine di aggirare la tassa, utilizzando ad esempio dolcificanti artificiali, che potrebbero avere altri effetti negativi sulla salute.
In Italia la sugar tax, insieme alla plastic tax, è stata introdotta nel dicembre 2019 con la legge di bilancio, ma la sua effettiva applicazione è stata più volte rinviata. In quasi quattro anni e mezzo, l’entrata in vigore di queste tasse è stata posticipata sei volte, con rinvii accompagnati da polemiche politiche e posizioni contraddittorie da parte di vari partiti.
Il ministro dell’Economia ha recentemente deciso di rinviare pienamente solo la plastic tax per due anni, posticipandola al primo luglio 2026. La sugar tax, invece, è destinata a entrare in vigore il primo luglio di quest’anno in forma ridotta, per poi essere applicata integralmente a partire dal primo luglio 2026.

Una delle principali preoccupazioni che hanno portato a un tale ritardo per l’applicazione della tassa riguarda l’impatto che la sugar tax potrebbe avere sulle aziende e alle tempistiche per adeguarsi alle nuove normative. La pandemia Covid-19 ha ulteriormente complicato la situazione, portando alla prima proroga nel maggio 2020, che rinviava l’applicazione al primo gennaio 2021.
Successivi rinvii sono stati approvati nella legge di bilancio del dicembre 2020, spostando la data al primo gennaio 2022. Il governo successivo ha poi ulteriormente posticipato l’introduzione delle tasse. Quando il nuovo governo è entrato in carica nell’ottobre 2022, la scadenza è stata nuovamente rinviata al primo gennaio 2024, con l’intento dichiarato di abolirle nel corso dell’anno. Tuttavia, nella legge di bilancio del dicembre 2023, il governo ha deciso di ritardare ancora una volta l’entrata in vigore, fissandola per luglio 2024.
Alla luce di queste continue proroghe, l’attuale emendamento al decreto “Superbonus” conferma l’introduzione della sugar tax dal luglio di quest’anno, ma in forma ridotta fino al 2026: infatti, per il primo anno la tassa sarà di 5 centesimi al litro per le bibite zuccherate e di 13 centesimi al chilogrammo per i prodotti zuccherati “previa diluizione”. Poi passerà rispettivamente a 10 e 25 centesimi nel 2026.

La sugar tax è una misura che, sebbene controversa, mira a migliorare la salute pubblica. Anche in Italia la sua implementazione potrebbe portare a benefici significativi in termini di salute pubblica, ma è importante considerare anche gli eventuali svantaggi e studiare misure complementari per minimizzare gli effetti negativi sui consumatori, in particolare quelli più vulnerabili. 

Articolo realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Lombardia con l’utilizzo dei fondi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ai sensi del D.M. 6 maggio 2022.

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