Farmaci equivalenti: informare il paziente è diventato un obbligo

I medicinali equivalenti sono in commercio ormai da diversi anni. Ma soltanto dal 25 marzo di quest’anno è stato introdotto per legge l’obbligo di informare della loro esistenza tutti i pazienti. Oggi, infatti, il medico che prescrive un farmaco deve indicare al proprio paziente se ne esistono in commercio anche di equivalenti.

Quando, poi, non è espressamente specificata nella ricetta medica la non sostituibilià della medicina prescritta, il farmacista ha l’obbligo di informare il paziente/cliente dell’eventuale esistenza e disponibilità di medicinali equivalenti di prezzo inferiore. In questo modo, il cliente potrà decidere se acquistare il farmaco prescritto dal medico o il suo equivalente. Ma cos’è e quali caratteristiche deve avere un farmaco equivalente?

Si tratta di medicinali “bioequivalenti” a prodotti farmaceutici originali (c.d. “di riferimento”) dei quali contengono la stessa quantità e qualità del principio attivo, presentano la medesima forma farmaceutica (es. pomate, sciroppi, fiale, bustine solubili, compresse, ecc.), la stessa via di somministrazione, nonché uguali modalità di rilascio e dosaggio. Insomma lo stesso comportamento ed effetto nell’organismo. Può trattarsi sia di farmaci da banco che di farmaci acquistabili dietro prescrizione medica.
Si parla, infatti, di “bioequivalenza” per indicare due medicinali che hanno gli stessi effetti sia dal punto di vista dell’efficacia terapeutica che della sicurezza.
Ciò che cambia è il prezzo al pubblico: quello del farmaco equivalente deve essere inferiore almeno del 20% rispetto al prezzo del corrispondente farmaco di riferimento.

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