Il quoziente familiare

 

La crisi c’è e si vede. Da alcuni anni ormai il potere d’acquisto delle famiglie italiane è calato vistosamente. Lo si percepisce nella realtà di tutti i giorni. Si ponderano le spese, si evitano acquisti inutili e superflui, si cerca il risparmio in ogni settore e su ogni bene.

L’Istat ha rilevato che nel 2009, su un campione di 23 mila famiglie, la povertà assoluta (ovvero persone che non posseggono denaro nemmeno per acquistare beni di prima necessità) in Italia si aggirava intorno al 4,7%, mentre la povertà relativa (coloro che non hanno la possibilità di godere di standard di vita accettabili), era pari al 10,8%. L’indice di povertà è maggiormente rilevante nei paesi del sud Italia, dove si è registrato un aumento rispetto al 2008 dell’intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%).
Un aiuto a sostegno delle famiglie potrebbe derivare dall’introduzione del così detto quoziente familiare.

Introdotto in Francia a partire dagli anni ’50 con lo scopo di favorire la natalità, esso consisteva in un sistema di aiuto alle famiglie calcolato sulla base del reddito e del nucleo familiare, con la speranza di incrementare il livello delle nascite.

Si tratta in pratica di un sistema mediante il quale il calcolo delle tasse viene attuato tenendo in considerazione non soltanto il reddito percepito, ma anche il numero delle persone che compongono il nucleo familiare. Quindi il calcolo dell’imposta viene attuato dividendo il reddito familiare complessivo per un coefficiente (il quoziente, appunto) calcolato in base al numero dei componenti della famiglia.

In Italia lo strumento del quoziente familiare è stato sperimentato in primis dal comune di Parma e più recentemente dalla Regione Lombardia, per agevolare l’accesso dei cittadini e delle famiglie in determinati settori, come ad esempio il trasporto e i servizi pubblici locali. Anche Roma si sta muovendo lungo questa direttrice, tanto che la capitale si è posta come capofila di diversi comuni italiani, grandi e piccoli, per costituire un network di condivisione al fine di scambiare opinioni e idee per attuare le scelte migliori a favore delle famiglie italiane. L’idea è di puntare innanzitutto sulle imposte, sulle tariffe e sulle tasse comunali, così che i costi che devono essere sostenuti dalle famiglie per l’accesso ai servizi pubblici locali siano rimodulati non più soltanto sulla base degli indicatori Isee, ma anche in considerazione di altri elementi, come il numero dei figli a carico, la presenza di eventuali anziani o di disabili o minori in affido, la situazione occupazionale e la presenza di uno o entrambi i genitori.

La speranza è di rendere l’accesso ai servizi pubblici locali il più equa e omogenea possibile, cercando di eliminare differenziazioni sociali. Ciò è possibile andando a ridurre e a contenere i costi a carico dei cittadini, soprattutto di quelle fasce di popolazione debole e con maggiori difficoltà economiche e social

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *