Nel 1492 Cristoforo Colombo scoprì l’America. Nei decenni seguenti Cortez e Pizzarro conquistarono l’Impero Incas e l’Impero Maya.
Gli Spagnoli scoprirono nei territori conquistati vasti giacimenti di argento. Secondo stime autorevoli, l’insieme delle importazioni dal Nuovo Mondo fra il 1500 ed il 1660 fu pari a 16.887 tonnellate d’argento, facendo diventare di fatto la Spagna lo stato europeo più ricco dell’epoca. Un fiume d’argento coniato in denaro si riversò nel continente.
Nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si confermarono la prima potenza bellica ed economica mondiale. Il dollaro, la divisa statunitense, si impose quale valuta di riferimento per gli scambi commerciali mondiali e per le transazioni internazionali. Come ai tempi del XVI secolo, il denaro proveniente dall’America invase il globo.
Sostanzialmente, sotto il profilo della dottrina economica non vi è differenza, in entrambe le fattispecie vi fu creazione di moneta. Sotto l’aspetto sostanziale, invece, l’argento spagnolo in quanto tale aveva un suo valore intrinseco quale “merce rara”, il dollaro di oggi al contrario viene “stampato” nelle zecche statunitensi, svincolate, dopo Bretton Woods, dal cambio fisso con l’oro.
Supponiamo tre paesi A, B e C in stato di equilibrio economico. Supponiamo che ad un certo momento nel paese A l’equilibrio si rompa per una crescita abnorme di moneta. Se il sistema produttivo del paese in questione non è in grado di aumentare il prodotto lordo nella misura in cui è aumentata la moneta in circolazione, la teoria economica ci insegna che nel paese A si dovrebbe verificare un aumento dei prezzi ed una fuga di moneta verso i paesi B e C, e nel contempo un aumento di esportazioni di beni e servizi dai paesi B e C verso il paese A. Quanto accadde in Spagna con il massiccio arrivo dell’argento dalle Indie e negli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale conferma pienamente il modello teorico.
Tutti i modelli di crescita, nella teoria economica, sottolineano la necessità e l’importanza del capitale, come sostituto del lavoro, principale alimento dello sviluppo economico. In Spagna il capitale giunse sotto forma di argento, negli Stati Uniti si presenta come capacità di accedere al credito da spendere o da investire.
La Spagna scelse di spendere nel lusso e nella guerra. Fare la guerra è il modo peggiore di spendere denaro: distrugge anziché costruire. Spendere nel lusso è ancora più facile perché questa ricchezza giunge inattesa e non guadagnata. Analogamente gli Stati Uniti spendono nel lusso e nella guerra, Afghanistan e Iraq ne sono un esempio.
A chi andò l’argento spagnolo? Non certo nell’industria spagnola perché gli spagnoli non ebbero più bisogno di fabbricare cose: era più facile comprarle ed i mercanti spagnoli iniziarono a importare dall’estero. Le ricchezze non finanziarono l’agricoltura, perché gli spagnoli potevano comprare tutto il cibo che volevano.
In Spagna con orgoglio si affermava che “Madrid è la regina dei parlamenti, perché tutto il mondo la serve e lei non serve nessuno”.
Simili affermazioni si sentono ancora oggi, sotto forma della nozione di vantaggio comparativo della teoria commerciale neoclassica.
La Spagna, in altre parole, rinunciò al lavoro, gli spagnoli indulsero nel loro amore per l’ozio, il piacere e nella ricerca continua del benessere, ed essendo padroni dell’Europa, trasferirono questa mentalità ovunque. La vita raffinata era esaltata e il lavoro manuale disprezzato. Vi è una sottile analogia attualmente nel mondo occidentale ed in particolar modo negli Stati Uniti, la deindustrializzazione in atto dell’ultimo decennio è evidente. Si consumano beni prodotti in Oriente e nelle aree in via di sviluppo.
Nessuno voleva coltivare la terra, nessuno voleva fare il bracciante, carpentiere, muratore, i mestieri esaltati erano i mercanti (gli attuali gnomi di Wall Street), gli amministratori della nobiltà (i colletti bianchi), i sarti, calzolai, conciatori, tessitori, orafi (l’attuale settore del lusso e della moda)
Tutto ciò che è detestabile veniva lasciato, come oggi, agli immigrati.
Quando il flusso dei metalli preziosi si esaurì a metà del XVII secolo la Corona Spagnola era piena di debiti ed il paese entrò in una lunga fase di declino. Il denaro facile non è mai una buona cosa. E’ un vantaggio di breve periodo che si paga nel lungo periodo. Quando si esaurirà l’egemonia del dollaro quale divisa accettata nel sistema finanziario mondiale, gli Stati Uniti, probabilmente anche loro pieni di debiti, entreranno in declino. Non è un problema stampare moneta, il problema è mantenere il suo potere d’acquisto.
Dove andò l’argento spagnolo? Il denaro, una volta sbarcato in Spagna, si disperdeva nei vari Paesi Europei, ma da questi ultimi prendeva la strada dell’Oriente. L’Impero Ottomano servì come terra di transito per le monete d’argento spagnole. Tante ne entravano e tante ne uscivano dirette soprattutto in India e in Persia e da qui in Cina. Questo accadeva perché gli Europei ricercavano i prodotti orientali ma non avevano nulla da offrire in cambio perché né l’India né la Cina erano interessati ai prodotti europei se non qualche manufatto di alta tecnologia, come l’orologio, di appannaggio però di pochissimi dignitari è non certamente significativo a livello di bilancia commerciale.
Oggi sta avvenendo lo stesso fenomeno, gli occidentali hanno portato la tecnologia all’industria cinese, che produce prodotti a basso costo per il mondo occidentale. I cinesi acquistano alcuni prodotti occidentali unicamente nel settore lusso e non certamente in modo significativo per modificare il flusso commerciale e la bilancia dei pagamenti
Gli Stati Uniti oramai hanno unicamente eccellenze nel settore difesa, nucleare e telecomunicazioni, strategici per la supremazia. Se il vantaggio comparativo statunitense, a seguito anche del WTO, produrrà i suoi effetti, avrà come conseguenza la perdita accelerata del vantaggio strategico.
Gli Europei se volevano commerciare con l’Oriente non avevano altra scelta che offrire argento ed i commerci verso la Cina e l’India furono facilitati ed organizzati quasi in regime di monopolio dalle due Compagnie: la Compagnia delle Indie Orientale, britannica e la Compagnia delle Indie Olandese, nate entrambe all’inizio del 1600. Con l’intensificarsi dei commerci l’Europa conobbe il te’ che arrivò per la prima volta in Inghilterra nel 1664.
Già attorno al 1720 era il primo prodotto importato dalla Compagnia delle Indie Orientali.
Di conseguenza il saldo positivo della bilancia commerciale cinese continuò a crescere.
L’Asia quindi, ed in particolare la Cina, assorbì per quasi duecento anni tutti metalli preziosi dell’Occidente. E’ difficile prevedere quanto reggerà oggi il sistema finanziario internazionale, tutto dipende dalla volontà cinese.
Gli Inglesi, attorno alla metà del XVIII secolo, trovarono la soluzione per sanare il deficit della bilancia commerciale con la Cina.
La soluzione fu l’oppio, coltivato in India e venduto di contrabbando in Cina.
Il tradizionale surplus della bilancia commerciale cinese cominciò a diminuire fino a trasformarsi in un pauroso deficit.
L’argento spagnolo accumulato iniziò a defluire rapidamente dalla Cina verso Occidente.
Il Governo Cinese, preoccupato sia per le condizioni sanitarie della sua popolazione, sia per le conseguenze economiche cercò di opporsi. Scoppiò la guerra dell’oppio nel 1839. La debolezza cinese di fronte alla potenza Inglese fu conclamata. La Cina sconfitta dovette accettare una pace gravosa.
Quello che succederà fra Stati Uniti e Cina per riequilibrare la bilancia commerciale è difficile da prevedere, certamente una volta che i cinesi avranno comperato con i dollari statunitensi, oggi unica divisa delle proprie riserve, pari a oltre 2000 miliardi, i vari insediamenti mondiali delle materie prime, petrolio incluso, modificheranno l’equilibrio.
Gli Stati Uniti, come l’Inghilterra di allora devono trovare una soluzione, una cosiddetta “exit strategy”, ancorché le variabili sistemiche dinamiche, quali tecnologia, propensione al consumo, andamento demografico e risorse naturali rilevano una evoluzione caotica – deterministica.
Gianluigi Longhi *
*Responsabile Nazionale Credito e Servizi Finanziari “ La Casa del Consumatore “