Tassa di concessione governativa sui telefoni cellulari: addio alle speranze di rimborso

Dopo anni di discussioni, interventi dell’Agenzia delle Entrate e decisioni contrastanti delle Commissioni Tributarie e della stessa Corte di Cassazione, si conclude in netta sconfitta per i contribuenti la querelle sulla tassa di concessione governativa sugli abbonamenti ai telefonini.

I primi a sollevare la questione erano stati alcuni comuni veneti, che si erano rivolti alle commissioni tributarie chiedendo il rimborso delle tasse di concessione governativa pagate sugli abbonamenti di telefonia mobile dei loro dipendenti. Motivo della richiesta: con l’introduzione del nuovo codice delle comunicazioni elettroniche sarebbe caduto l’obbligo di pagare le tasse sugli abbonamenti dei cellulari. Tale tassazione sarebbe stata anche in contrasto con principi dell’Unione Europea.

Con decisioni altalenanti la questione è giunta davanti alla Cassazione, che però a sua volta si è spaccata, con sentenze dapprima sfavorevoli e poi favorevoli ai contribuenti.

Nel contempo anche il Governo, spaventato dallo spauracchio di dover rimborsare miliardi di tasse, si è attrezzato con una norma “interpretativa” introdotta in fretta e furia con decreto legge, quasi a voler in qualche modo anticipare la decisione delle Sezioni Unite di Cassazione, chiamate a dirimere il conflitto in essere tra Sezioni.

L’esito delle vicenda è storia recente. Le Sezioni Unite hanno stabilito che i contribuenti (Comuni compresi) non hanno ragioni valide per sottrarsi al pagamento della tassa di concessione governativa. Quasi in contemporanea il Governo ha messo mano al codice delle comunicazioni elettroniche, chiarendo (all’art. art. 2, comma 4, del decreto legge 4/2014, convertito nella legge 50/2014) che laddove il codice parla di “stazioni radioelettriche” si deve intendere apparecchi di telefonia mobile.

Insomma, speranze di rimborso addio!

Consoliamoci però, in fondo non sapevamo di avere in tasca una stazione radioelettrica!

2 risposte a “Tassa di concessione governativa sui telefoni cellulari: addio alle speranze di rimborso

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  2. Si tenga presente che la riscossione di detta tassa è demandata dall’Agenzia delle Entrate ai gestori dei servizi telefonici. Può accadere. come mi è accaduto, che il gestore ometta il versamento, nonostante sia stata pagata dall’utente la tassa che figura su ogni fattura. In tal caso, nel giro medio di 2 anni, l’Agenzia delle entrate invia all’utente un Atto di accertamento con l’ingiunzione di pagare la tassa + le sanzioni e oneri vari per interessi ed altro entro 60 giorni dalla data della notifica dell’Atto citato.
    L’utente può richiedere il riesame di autotutela (domanda in carta semplice + allegati) volto a dimostrare l’infondatezza dell’Atto. Per brevità mi fermo qui. Ovviamente, le rimostranze verso il gestore sono respinte poiché “riguardano i rapporti tra l’utente e l’Agenzia delle Entrate” mentre quest’ultima sostiene che non fa altro che registrare ciò che dichiara il Gestore, verso cui non ha motivo di contestazione.
    Conclusione: l’Utente non ha alcun modo per controllare, ammesso che questa sia un’azione dovuta, il Gestore riguardo al versamento della tassa. L’omissione è nota solo in ragione del ricevimento dell’atto. Se l’ammenda conseguente non riguarda centinaia o migliaia di Euro, per l’Utente conviene pagare due volte la stessa tassa + gli oneri citati per di evitare le spese di tempo ed altro.
    Astraendo dalla tassa, è questo un “servizio” che lo Stato rende a un cittadino? Come si può difendere il cittadino da uno Stato che gli è costantemente nemico e, di fatto, connivente con chi ha omesso ingiustificatamente il versamento?

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