Investimenti: le regole del rapporto banca/cliente

Con l’entrata in vigore della MiFID (Markets in Financial Instruments Directive) sono cambiati i rapporti tra i risparmiatori (cd. clienti al dettaglio), da una parte, e gli intermediari finanziari (Banche, SIM e SGR), dall’altra parte. Prima della MiFID, la disciplina contenuta nel Testo Unico della Finanza (TUF) e nel Regolamento Intermediari della CONSOB aveva carattere generale ed elastico, nel senso che la stessa disciplina si applicava ad ogni tipo di servizio di investimento prestato da un intermediario ad un risparmiatore. Spettava al giudice, in caso di contenzioso, specificare meglio il contenuto della disciplina in funzione dello specifico servizio prestato.
 La nuova disciplina MiFID, invece, prevede per gli intermediari regole di condotta diverse in funzione del tipo di servizio prestato. In questo senso, con la MiFID i rapporti tra risparmiatore ed intermediario sono meglio definiti e quindi più chiari, anche se inevitabilmente la loro gestione diventa più complessa e burocratica.


Vediamo allora preliminarmente quali sono i principali servizi di investimento che possono essere prestati da un intermediario finanziario ad un cliente al dettaglio, ovvero ad un normale risparmiatore. Questi sono fondamentalmente la gestione di portafoglio, la consulenza finanziaria, e la mera esecuzione di ordini di investimento (cd. execution only).

Nella gestione di portafoglio, l’intermediario finanziario effettua degli investimenti su prodotti finanziari per conto dell’investitore. In questo caso, è l’intermediario che sceglie il prodotto finanziario che verrà inserito nel portafoglio del cliente, il quale appunto è gestito direttamente o indirettamente dallo stesso intermediario finanziario.

Nella consulenza finanziaria, invece, il cliente impartisce ordini su di un conto amministrato dietro suggerimento dell’intermediario. In altre parole, è il cliente che amministra il proprio portafoglio. L’intermediario si limita a consigliare al cliente su quali prodotti investire e viene remunerato per questo solo servizio.

Nel servizio di mera esecuzione di ordini, infine, l’intermediario si limita ad eseguire gli ordini impartiti dal cliente. In questo caso, l’intermediario non solo non sceglie per conto del cliente su quali prodotti investire (come avviene nel servizio di gestione), ma neppure ne consiglia alcuni a scapito di altri (come avviene nel servizio di consulenza).

Come si è detto, la MiFID chiarisce quali sono gli obblighi di condotta dell’intermediario (ed i corrispondenti diritti del cliente) con riferimento ai diversi tipi di servizio di investimento.

Nella gestione patrimoniale e nella consulenza finanziaria, l’intermediario è obbligato a raccogliere una quantità notevole di informazioni sul conto del cliente. In particolare, l’intermediario è tenuto ad acquisire informazioni sulla conoscenza ed esperienza del cliente in materia di investimenti finanziari, sulla sua situazione finanziaria, e sui suoi obiettivi di investimento. Tramite queste informazioni avviene la cd. profilatura del cliente. Una volta raccolte queste informazioni, l’intermediario è obbligato nella gestione patrimoniale ad effettuare delle scelte di investimento adeguate al tipo di cliente, e nella consulenza finanziaria a consigliare scelte di investimento adeguate al tipo di cliente (cd. regola di adeguatezza). Nella valutazione di adeguatezza l’intermediario deve accertare che il cliente abbia conoscenza ed esperienza sufficienti per comprendere il rischio proprio dell’investimento effettuato o consigliato, che il cliente abbia una situazione finanziaria sufficiente a sostenere questo rischio, ed infine che l’investimento sia coerente con gli obiettivi del cliente.

Come si vede, l’obbligo dell’intermediario di acquisire informazioni sul conto del cliente è strumentale a metterlo nella condizione di potere effettuare o consigliare scelte di investimento adeguate. In questo senso, il cliente ha interesse a collaborare con l’intermediario, fornendogli tutte le informazioni che questo deve richiedere in base alla legge. Peraltro, nell’ipotesi in cui il cliente si dovesse per qualsiasi motivo rifiutare di fornire le informazioni richieste dall’intermediario ed obbligatorie per legge, l’intermediario è obbligato a rifiutarsi di fornire il servizio. Su questo aspetto, la disciplina MiFID è innovativa rispetto alla disciplina previgente, nel senso che prima della MiFID, indipendentemente dal tipo di servizio offerto al risparmiatore, l’intermediario poteva liberarsi dell’obbligo di acquisire informazioni sul conto del cliente facendogli sottoscrivere una dichiarazione in cui cliente si rifiutava espressamente di fornire le informazioni che gli erano state richieste.

Nel servizio di mera esecuzione di ordini, invece, occorre distinguere a seconda che il prodotto finanziario oggetto dell’ordine sia non complesso oppure complesso. Sono prodotti non complessi, ad esempio, le azioni e le obbligazioni quotate su mercati regolamentati, quali Borsa Italiana. Sono invece prodotti complessi, ad esempio, i prodotti poco liquidi, ovvero i prodotti che possono essere rivenduti solamente con grande difficoltà, o i prodotti che espongono il cliente al rischio di perdere una somma maggiore rispetto a quella originariamente investita. Inoltre, sempre con riferimento a questo tipo di servizio, occorre distinguere a seconda che l’ordine sia stato impartito su iniziativa del cliente oppure sia stato sollecitato dall’intermediario, ad esempio perché questo ha interesse a collocare il prodotto in questione per avere partecipato direttamente o indirettamente ad un consorzio di collocamento di quello strumento nell’ambito di una operazione di sollecitazione del pubblico risparmio.

Quando il servizio di mera esecuzione di ordini ha per oggetto un prodotto non complesso ed è stato fornito su iniziativa del cliente, l’intermediario non è tenuto ad effettuare una valutazione di adeguatezza della scelta di investimento. Coerentemente, l’intermediario non è neppure tenuto a raccogliere alcuna informazione sul conto del cliente. In questi casi, il cliente (anche se piccolo risparmiatore) agisce in tutto e per tutto a proprio rischio, nel senso che se in seguito la scelta di investimento si rivela sbagliata egli non potrà rimproverare l’intermediario di avere eseguito per suo conto un investimento inadeguato. Se il cliente avesse voluto beneficiare della maggiore esperienza e competenza dell’intermediario in materia di investimenti finanziari avrebbe dovuto stipulare con questo un contratto di gestione di portafoglio o un contratto di consulenza finanziaria.

Quando invece il servizio di mera esecuzione di ordini ha per oggetto un prodotto complesso oppure è stato fornito su iniziativa dello stesso intermediario, l’intermediario è tenuto ad effettuare una valutazione di appropriatezza dell’investimento al tipo di cliente (cd. regola di appropriatezza). A questo fine, esso è tenuto ad acquisire sul conto del cliente le sole informazioni relative alla sua conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante. Come si vede, la quantità di informazioni che l’intermediario deve acquisire è inferiore a quella che avrebbe dovuto acquisire al fine di effettuare una valutazione di adeguatezza nell’ambito del servizio di gestione o di consulenza. Infatti, l’intermediario non è tenuto ad acquisire informazioni sulla capacità finanziaria e sugli obiettivi di investimento del cliente. Inoltre, se il cliente si rifiuta per una qualche ragione di fornire le informazioni richieste ed obbligatorie per legge, l’intermediario non è tenuto ad astenersi dal fornire il servizio richiesto, ma è semplicemente tenuto ad informare per iscritto il cliente che a causa della mancanza di informazioni egli non sarà in grado di effettuare la valutazione di appropriatezza.

La valutazione di appropriatezza è infatti una valutazione meno completa rispetto a quella di adeguatezza. Nella valutazione di appropriatezza l’intermediario finanziario deve solamente valutare se il cliente ha la conoscenza ed esperienza sufficiente per comprendere il rischio del tipo di investimento richiesto. Non è invece tenuto a valutare anche se il cliente ha la capacità finanziaria per sostenere i rischi dell’investimento e se l’investimento è coerente con i suoi obiettivi. Del resto, questa differenza di disciplina si giustifica sulla base del fatto che il servizio di mera esecuzione di un ordine, sia pure avente ad oggetto un prodotto complesso, oppure prestato su sollecitazione dell’intermediario, è un servizio meno completo rispetto al servizio di consulenza finanziaria o di gestione di portafoglio, dove il cliente paga una commissione maggiore all’intermediario proprio per beneficiare della sua superiore esperienza e competenza in materia di investimenti finanziari.

In conclusione, il cliente che usufruisce dei servizi di un intermediario finanziario deve attendersi una tutela diversa a seconda del tipo di servizio richiesto. Se sottoscrive un contratto di gestione patrimoniale o di consulenza finanziaria, il cliente può pretendere che l’intermediario effettui o consigli delle scelte di investimento adeguate al suo profilo. In questo caso, qualora l’investimento dovesse rivelarsi sbagliato, egli potrà cercare di ottenere il risarcimento del danno da parte dell’intermediario dimostrando che l’investimento non era adeguato. A questo proposito, si può osservare per completezza che il solo fatto che l’investimento si sia rivelato perdente non significa affatto che esso non fosse adeguato. In altre parole, al fine di ottenere il risarcimento del danno, non sarà sufficiente per il cliente dimostrare che l’investimento ha perso del tutto o in parte il proprio valore. Piuttosto, il cliente dovrà dimostrare che l’investimento non era adeguato, perché ad esempio non era coerente con i propri obiettivi di investimento, oppure perché egli non aveva una situazione finanziaria tale da sostenerne il relativo rischio.

Se invece sottoscrive un contratto di mera esecuzione di ordini, il cliente di norma non potrà attendersi nessun tipo di assistenza da parte dell’intermediario per quanto riguarda la valutazione dell’investimento, potendo solamente pretendere che l’intermediario esegua l’ordine richiesto alle migliori condizioni di mercato. Pertanto, qualora l’investimento dovesse perdere del tutto o in parte il proprio valore, il cliente, sempre di norma, non potrà cercare di rivalersi sull’intermediario chiedendo il risarcimento del danno.

Giorgio Afferni, avvocato Studio Legale Afferni Crispo

Con il contributo della Direzione Generale Commercio, Fiere e Mercati della Regione Lombardia: la Direzione promuove e sostiene, nell’ambito dei propri programmi d’intervento, iniziative di tutela dei consumatori e degli utenti.
Per informazioni è possibile consultare il sito internet
www.commercio.regione.lombardia.it.

Una risposta a “Investimenti: le regole del rapporto banca/cliente

  1. Articolo ben fatto e completo.

    Personalmente però sono contrario a questi interventi legislativi così rigidi e la realtà sembra darmi ragione. Alla fine ai clienti viene fatto firmare un questionario senza troppo approfondire, e se occorre si fanno modifiche ad hoc. Per come è ora la mifid è solo un incombenza burocratica.

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